La crociata del Doge: TSO per chi rifiuta la quarantena. Il presidente della Società Italiana di psichiatria è d’accordo Il governatore del Veneto spinge per il ricovero coatto. Medici e politici sono divisi. Il caso dell’imprenditore vicentino tornato dalla Serbia ha scosso l’opinione pubblica. Il ministro della Salute Speranza apre alla proposta. Ma la questione è molto intricata

La questione è stata posta, pure con una certa forza, dal governatore del Veneto Lu­ca Zaia: tso, ossia tratta­men­to sa­nitario obbligatorio – nel caso specifico ricovero coat­to – per chiunque risultato po­sitivo al Coronavirus rifiuti di sottoporsi a isolamento. Za­ia si è appellato al ministro del­la Salute Roberto Spe­ran­za, il quale sta andando in que­sta direzione. Nel frat­tempo divampa il dibattito. Mas­simo Di Gian­nan­to­nio, presidente della Società ita­liana di psichiatria e pro­fes­sore ordina­rio di psi­chiatria all’università D’An­nun­zio di Chieti-Pescara, è asso­lutamente favorevole: “Il trat­tamento sanitario ob­bli­ga­torio non è un’esclusiva del­la salute mentale né tan­tomeno della psichiatria” af­ferma. “Nello specifico di Co­vid-19 vediamo come vi pos­sano essere, in modo consa­pe­vole e inconsapevole, dei com­portamenti di negazione, sottovalutazione, cancel­la­zio­ne, diminuzione dei rischi legati all’essere infetti. Rischi per stessi e per gli altri. Eb­bene” aggiunge il professore “di fronte a questa situazione deve prevalere l’interesse del­la sanità pubblica. Non è possibile infatti consentire la propagazione dell’infezione”. La crociata di Zaia è comin­ciata dopo il clamoroso caso dell’imprenditore vicentino tornato dalla Serbia con e­videnti sintomi del virus e che nonostante ciò ha conti­nuato a fare la vita di prima ri­fiutando il ricovero una volta certificata la positività al tam­pone. Oggi è in con­di­zio­ni gravi in terapia inten­si­va. Il vi­­ceministro alla Salute, Pier­paolo Sileri, è invece con­tra­rio al ricovero coatto: “isogna solo ap­plicare la leg­ge che già c’è. Chi è in qua­rantena è già punito se sgar­ra. Quello successo in Vene­to è un caso isolato, non è la regola. Ogni focolaio è una battaglia e lo si vince con tanti tamponi. Le cose stan­no funzionando”. Il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, è invece sulle posizioni di Zaia, pur con qualche distinguo: “Il Tso?”, si chiede, “ne ho fir­mati certo, anche alle 4 di mat­tina, ma si fa in casi e­stremi, quando qualche paz­zo si arroga il diritto di fare quello che vuole. Se poi uno da positivo pensa di uscire e andare a infettare gli altri è un demente, un matto e va trattato come tale. L’Ita­lia non può certo diventare una prigione e di fronte a un pazzo ci sono migliaia di per­sone responsabili che ri­spet­tano le regole”. Già, ma i pazzi ci sono purtroppo, ec­come. Il professor Andrea Crisanti, a capo del labo­ratorio di analisi di Padova, non poteva che essere in di­saccordo col governatore. Tra i due il rapporto si è im­provvisa­mente guastato: “Il Tso esiste soltanto per le ma­lattie psi­chiatriche, e comun­que è un caso estremo. E’ una que­stione molto com­plessa. E poi se noi pren­diamo una per­sona per fargli un Tso, dobbiamo dargli una cura che funziona. E al momento non esistono tera­pie efficaci. Quindi” conclude “non sa­rebbe più un Tso, ma una detenzione sanitaria. Sicura­mente quella persona va mes­sa nelle condizioni di non trasmettere il virus”. Fabrizio Starace, presi­den­te della Società italiana di e­pi­demiologia psichiatrica e direttore del dipartimento di Salute mentale e Dipen­den­ze patologiche dell’Ausl di Modena, sta a metà del guado. “Non si deve parlare di un’estensione del Tso, che ha un carattere puramente psi­chiatrico e il fine di garan­tire il diritto della persona, con problemi di salute men­tale a essere curata. Oggi” aggiunge Starace “il ministro, il presidente della Regione e il sindaco pos­sono già e­mettere delle or­dinanze gui­date da un in­teresse prio­ri­tario di sanità. Queste ordi­nanze hanno le stesse carat­teristiche del Tso ma sono rivolte alla preven­zione della diffusione di ma­lattie in­fet­tive”. Starace approfondisce: “Il sindaco di un qualsiasi co­mune informato della pre­senza di una condizione po­tenzialmente infettiva a ca­rico di un cittadino, può di­sporre con un’ordinanza la sua collocazione coattiva che eviti la diffusione del vi­rus. E’ però fondamentale che prima la persona in questione sia informata e convinta al trasferimento in un albergo sanitario e alle cure nel caso in cui la sua abitazione non riesca a garantire spazi idonei che evitino il contagio con altre persone, o in presenza di soggetti senza fissa dimora. Solo in caso di rifiuto può partire l’ordinanza. Infine” conclude il presidente della Società italiana di epidemio­logia psichiatrica “c’è il co­di­ce penale che prevede delle sanzioni per le condizioni accertate di procurata epide­mia, ma in questo caso si sanziona un comportamento che si è già realizzato, men­tre nel primo caso si tende a prevenire il problema di sani­tà pubblica”.