Le challenge sono delle sfide che vengono lanciate sui social allo scopo di essere diffuse e diventare virali. A volte sono gare che hanno come scopo una sensibilizzazione sociale, altre sono fini a sé stesse dedicate al puro divertimento, altre volte ancora sono pericolose ed estreme. La challenge spinte oltre i limiti della legalità, che possono trasformare in tragedia la vita del prossimo, ignaro di essere fatalmente finito in sorta di roulette russa armata da sconosciuti, non sono affatto rare.
Dallo studio del Centro Nazionale per le Dipendenze e il Doping dell’Istituto Superiore di Sanità emerge che il 6,1% degli studenti tra gli 11 e i 17 anni, circa 243.000 ragazzi, ha partecipato almeno una volta a una sfida social definibile come pericolosa per se e per gli altri.
L’opinione pubblica è fortemente scossa per il terribile incidente stradale avvenuto, a Casal Palocco a Roma, lo scorso mercoledì e costato la vita al piccolo Manuel Proietti di 5 anni e il ferimento della mamma Elena Uccello e della sorellina Aurora di 4 anni. Gli inquirenti stanno ancora ricostruendo l’esatta dinamica dell’incidente che pare essere avvenuto, proprio durante una sconsiderata sfida social a opera di cinque youtuber che avevano deciso di trascorrere 50 ore consecutive, alternandosi alla guida, di una Lamborghini noleggiata e di filmare il tutto.
Una challenge effettuata per raccogliere più clic dai follower e riuscire a monetizzare le loro performance, ottenendo dei guadagni con la loro società la “TheBorderline”. Nel procedimento si stanno ipotizzando i reati di omicidio stradale e di lesioni. Al momento sul registro degli indagati è iscritto un solo nome, quello del 20enne Matteo di Pietro che era alla guida del suv, al momento dell’impatto, ma non è detto che le responsabilità non possano essere allargate anche agli altri occupanti dell’auto.
Ma come può una sorta di gioco social oltrepassare così tanto i limiti del rispetto, della responsabilità, del buon senso, della logica, oserei dire dell’umanità? Come si può non considerare che a fare le spese delle nostre azioni possono essere terzi. Come si può mettere in palio la vita di un bambino e della sua famiglia, come possiamo arrivare a farlo? Non ci sono risposte univoche, ne tanto meno rapide soluzioni a teli fenomeni, ma diversi studi ci dicono che ci possono essere diversi fattori psichici che favoriscono i comportamenti ad alto rischio quando si è alla guida.
I principali fattori sono l’avere tratti narcisistici, esibizionistici, maniaco-depressivi, il non tollerare le frustrazioni, provare sentimenti di inferiorità, insoddisfazione, avere tendenze aggressive, contrapporsi alle autorità e all’infrangere le norme sociali, sopravvalutare le proprie capacità, mancanza di responsabilità, tendenza ad addebitare le cause degli eventi a fattori esterni e non a sè, alta presunzione, distacco dalla realtà… Il comune denominatore di tutte queste dimensioni è rappresentato dallo scarso equilibrio psichico, dall’immaturità e dalla non curanza di sé e del prossimo. Ed è da forse da qui che si deve ripartire per cercare di promuovere conoscenza e produrre consapevolezza nei nostri ragazzi, che sembrano sempre più disorientati e incapaci di dare il giusto valore alla vita.
Sara Rosa, psicologa e psicoterapeuta