Borchia: deve dimettersi chi abbandona la Lega. Silvia Rizzotto ha lasciato la Lista Zaia mentre il veronese Marco Andreoli ha mollato il Carroccio. Entrambi con Meloni
La giostra delle porte girevoli come previsto è iniziata alla grande. Dopo la decisione della Corte costituzionale che ha detto no alla possibilità del terzo mandato, compreso il governatore Luca Zaia, molti consiglieri regionali della maggioranza cercano sponde più sicure e abbandonano il vecchio carro per cercare nuovi trasporti più sicuri per ritornare in laguna al prossimo giro di valzer. E così hanno lasciato la Lista Zaia la trevigiana Silvia Rizzotto (già capogruppo nel 2015 della Lista Zaia, rieletta nel 2020) mentre il veronese Marco Andreoli ha lasciato il Carroccio. Entrambi hanno aderito a Fratelli d’Italia e così il gruppo consiliare di Giorgia Meloni è passato da cinque a sette unità. Entrambi tra l’altro sono presidenti di Commissione (seconda Rizzotto, terza Andreoli). Fuoriuscite già annunciate ma ora che si sono concretizzate stanno facendo esplodere le polemiche su tutti i fronti del centrodestra. Ad arrabbiarsi, primo fra tutti, il presidente Zaia: “Mi dispiace per le scelte di questi due consiglieri, il rapporto con gli elettori secondo me non andava interrotto ma portato fino in fondo perché erano stati eletti con un altro partito. Non è certo la fine di un’epoca, cose si si sono sempre viste, sono scosse di assestamento”. Ma l’avvicinarsi del voto accelera i cambi di casacca. “Non sappiamo ancora quando si vota, non c’è la data, aspettiamo una risposta dal Consiglio di Stato che deve esaminare le leggi in vigore, quella regionale e quella nazionale per evitare che, se si deciderà di votare a ottobre (come dice quella nazionale) o in primavera (come dice quella regionale) ci siano poi ricorsi”. Il segretario provinciale della lega, Paolo Borchia, eurodeputato e capodelegazione del partito al Parlamento europeo chiede però le dimissioni dei consiglieri che hanno abbandonato. “Si devono dimettere-tuona-. Il cambio di casacca è uno dei mali della politica italiana e ne mina la credibilità. Se qualcuno non si sente più a suo agio si può serenamente dimettere o cambiare partito a mandato concluso. Troppo comodo invece “non riconoscersi” più in base ai sondaggi o alle possibilità di rielezione che si pensa si possano avere. Anche perché- prosegue Borchia con severità- parliamo di consiglieri regionali che hanno ricevuto riconoscimenti importanti e remunerati come le presidenze delle commissioni”. In definitiva, conclude Borchia, “nessun dramma, comunque, la Lega va avanti con quelli che ci credono”. Il fatto è che quelli di Rizzotto e Andreoli sarebbero solo i primi di una serie di abbandoni: altri due esponenti leghisti potrebbero a breve passare coi meloniani e forse qualcuno anche verso Forza Italia.
Lenta emorragia nella squadra di Zaia. Giorgetti: «Ogni volta che qualcuno aderisce alla nostra battaglia è una vittoria politica»
Una lenta emorragia dalla squadra di Zaia che non perde ancora la maggioranza assoluta ma qualche pezzo importante. Ma questi nuovi arrivi come sono vissuti da Fratelli d’Italia’ Al di là della soddisfazione di strappare consiglieri agli alleati, c’è anche un problema di concorrenza interna, perché i posti in lista sono tutti da contendere e da conquistare e i pretendenti aumentano. “Ogni volta che qualcuno aderisce alle nostre battaglie, è una vittoria politica”, taglia corto il padre nobile di Fratelli d’Italia Massimo Giorgetti, già assessore regionale, che in questi giorni ha accompagnato il presidente di Ferrovie dello Stato Tommaso Tanzilli in una serie di incontri in città, dalla Fiera alla Fondazione Arena, dalla camera di commercio a Confindustria, “per allacciare i rapporti con la città e rompere un certo isolamento”, chiosa. E tornando alla politica regionale, distingue: “Un conto è abbandonare la Lista Zaia come ha fatto Rizzotto perché se non ci sarà più Zaia la lista civica perde senso. Un conto è lasciare la lega come ha fatto Andreoli. E’ vero che i nuovi arrivi aumentano la competitività però è anche vero che FdI è un partito nuovo e quindi è naturale che molti arrivino da altre esperienze, c’è chi è arrivato da An e Popolo delle libertà, chi da Forza Italia, chi dalla lista Tosi. Il punto di svolta vero è stato alle Europee dove era difficile aderire a un partito che partiva dal 4 per cento rispetto ad oggi che il partito è al 40%. ma se ci perdiamo in questi ragionamenti non è più finita. L’importante è guardare al consenso che ciascuno di noi riesce a portare a fratelli d’Italia, tenendo conto che noi in Regione siamo stati bullizzati per anni dalla maggioranza: Zaia con la sua lista e la Lega è stato autosufficiente, ma ora la sua squadra dopo i vari abbandoni non è più così compatta e monolitica da poter mostrare sempre i muscoli. E questo in sede di bilancio avrà il suo peso”. Sarà battaglia fino in fondo dunque, ma appunto fino a quando? “Credo si andrà a votare in ottobre, perché non c’è solo il Veneto ma anche altre quattro Regioni che attendono le urne. E non si possono fare differenze per una sola, facendo slittare tutti in primavera 2026. Cosa direbbero le altre quattro Regioni tra cui Campania e Puglia?”. E questo è un tema aperto. L’altro è quello della presidenza. La lega rivendica ancora il diritto a mantenere la presidenza anche senza Zaia in pista, Fratelli d’Italia forte del primato elettorale la rivendica. Possibile uno scambio con la Lombardia? “Io credo che in veneto non ci possiamo accontentare di avere qualche assessorato in più. Siamo diventati il primo partito nel quale il veneto moderato si riconosce, abbiamo una forza sul territorio che ci consente di essere interlocutori veri del mondo produttivo del Nordest. Dobbiamo mettere la bandiera sul Veneto anche perché le altre Regioni sono difficili da portare a casa, vedi la Campania e la Puglia. Deciderà Roma, senza dubbio, ma voglio ricordare a Zaia che invoca sempre la volontà popolare, che anche la sua candidatura a presidente venne decisa la prima volta a Roma sacrificando Galan che un altro mandato lo avrebbe fatto a furor di popolo… Quindi per noi sarebbe riduttivo accontentarci di qualche assessorato di peso, visto anche che i nomi per la presidenza li abbiamo, da de carlo a Speranzon, da Urso a Donazzan”. MB