“Se ci credi ad una vita alla grande, non devi fare domande”, annunciava l’altoparlante una volta che ti avvicinavi allo stadio. E per chi era “buteleto” trent’anni fa, probabilmente questo è uno dei primi ricordi dell’Hellas e di tutto il mondo che gli gira attorno.
La voce di Puliero a scandire con impeto le formazioni, e la bellezza e un po’ il timore delle “facinorose” brigate. Quel gruppo di “ragazzi dalle sciarpe gialloblu”, che spesso si riunivano a protestare sotto la tribuna ovest, dove passavano i giocatori. Mentre una vaschetta di patatine fritte, a fine partita, accompagnava i loro cori.
Erano gli anni ‘90, anni facili in serie B e di sofferenza in A. Gli anni di Prytz, Caio Lunini, Manetti, Cefis, di quell’”Attilio Gregori segna per noi” e del “Calisti in nazional”. Ma anche di Inzaghi, De Vitis, Di Vaio, Baroni, Orlandini, Pippo Maniero, Spehar. In una lista infinita tra brocchi e idoli di un’altra epoca.
Gli anni dei Mazzi, di Pastorello, dell’indimenticabile Conte Arvedi e Martinelli. E via così, tra Fascetti, Reja, Mutti, Gigi Cagni, Perotti, Prandelli e Malesani sotto la curva.
Gli anni delle maglie a righe, e le prime volte del cognome stampato sul retro. Gli anni del “Calcio Verona” il giornalino dello stadio, e del simbolo ovale a rappresentare l’Hellas.
Gli anni della C, di Remondina, di Pellegrini, di Mandorlini fino ai giorni nostri. C’era tutto questo e anche gli anni prima, nella mostra allestita pochi giorni fa dalle brigate, nei corridoi della curva, in un affascinante Bentegodi serale completamente vuoto. Striscioni, sciarpe, articoli di giornale memorabili. Cimeli unici, come l’elenco scritto dei cori ai tempi di Bagnoli, e una miriade di testimonianze di tutti i butei che le hanno vissute “sul fronte”, durante questi 50 anni. All’inizio di sinistra e diventate ben presto di destra. Denigrate, insultate, scorrette, capaci di gesti deprecabili. Da alcuni troppo idolatrate, ma pur sempre geniali nel loro essere goliardiche. Amate o odiate non ha importanza. “Non vogliamo esser eroi, però crediamo che dentro di noi ci sia una forza più grande del male”.
Concludeva così l’annuncio della Fidas, che echeggiava in tutto il Bentegodi, invitando i tifosi a donare il sangue. Seppur gli intenti fossero meno nobili, in qualche modo piace pensare che quello slogan fosse dedicato a loro. E allora tanti auguri, Brigate Gialloblù!