“Non esiste mondo fuori dalle mura di Verona” narrava Shakespeare. Se volessimo rendere attuale questa frase, oggi calzerebbe meglio un: “non esiste vino al di fuori delle mura di Verona”. Chi ha frequentato il quartiere fieristico in questi giorni ha avuto la netta sensazione che tutto l’universo che gravita attorno al vino, e quindi produttori, addetti ai lavori, enologi, sommelier, giornalisti del settore, si sia ritrovato proprio qui, nella città di Romeo e Giulietta, interpretando un desiderio di rinascita e incontro, dopo due anni di stop obbligato.
Dopo giorni due giorni di tour enologico di sperimentazioni di altissimo livello in altre regioni, oggi siamo andati a trovare alcune delle aziende che in Fiera giocavano sul “territorio di casa”: sono tre le aziende di Verona che abbiamo incontrato. Concluderemo domani con qualche azienda che ci ha particolarmente colpito, in ordine sparso, indipendentemente dalla Regione.
Zyme
Una passione? La bellezza in tutte le sue forme. E la sperimentazione. Un altro indizio? Una foglia di vite che contiene un pentagono, i cui angoli rappresentano: uomo-vite-terra-sole-acqua. Dal lavoro a fianco dei genitori, da piccolo, nei campi in Val d’Illasi, fino a fondare di un piccolo gioiello nel mercato vitivinicolo. Dopo aver lavorato a lungo con il suocero, Giuseppe Quintarelli, e aver contribuito alla creazione di vini per altre affermatissime realtà vitivinicole (solo per citarne alcune: Trabucchi, Pasqua, Bertani), e di cantine stesse, come Tenuta Sant’Antonio, Marion e Buglioni, ecco che nel 1999 Celestino Gaspari dà vita alla propria “creatura”: Zyme. L’avveniristica cantina ha sede a San Pietro in Cariano, in Località Mattonara. Il nome Zýmē “proviene dal greco e significa “lievito”, elemento fondamentale nel mondo dell’enologia, ma anche elemento simbolico che richiama la naturalità, valore basilare nel percorso lavorativo ed esistenziale di Celestino Gaspari e il fermento, inteso come attitudine continua alla trasformazione”.
Quali sono i valori fondamentali su cui si deve fondare oggi il mestiere di vignaiolo ed enologo? Gaspari li individua in: cultura, ricerca e trasparenza. E che questi valori trovano efficace manifestazione nei vini da lui creati. Difficile selezionare solo alcune etichette, nella degustazione, eppure ci riusciamo, grazie alle sapienti indicazioni del personale dello stand. La nostra scelta ricade sul Valpolicella Classico Superiore e su Kairos. Non ci spertichiamo in descrizione organolettiche, ci limitiamo a dire che sono tra i vini più buoni assaggiati a questo Vinitaly.
Una particolare nota di merito va alla particolarità delle etichette. Un altro dei colpi di genio di Gaspari. Su Kairos spicca la composizione di riquadri di colori accesi. Il Valpolicella Classico Superiore, nella versione 2017 presenta un’etichetta con un pennello nell’atto di scrivere “Val…”. La scritta trova compimento solo nell’etichetta 2018, dove ritroviamo la scritta “Valpolicella” per intero.
Zenato
“Una garanzia”, dirà qualcuno. Eppure questo percorso tra i vini di Zenato ci ha realmente stupito, non solo per la qualità indiscussa dei vini degustati, ma anche per la competenza con cui la regia di questo percorso è stata curata, da Antonio Terrell, Marketing & Hospitality Manager. Il percorso si è sviluppato tra la zona del Lugana e la Valpolicella. Del resto lo dice il claim dell’azienda: “L’anima del Lugana e il cuore della Valpolicella”. La storia di quest’azienda affonda le proprie radici sulle rive del Garda, ma i suoi “rami” raggiungono le colline della vicina Valpolicella, dove nascono i rossi dell’azienda.
Ci accolgono le bollicine del Lugana Metodo Classico Pas Dosè e del Lugana Metodo Classico Brut. Passiamo poi ai bianchi fermi: il Lugana San Benedetto 2021, il Lugana dell’anima storica dell’Azienda Zenato, l’Azienda Agricola Santa Cristina, per concludere con il Lugana Riserva 2019, che ci conquista, letteralmente.
Giunge poi il momento di conoscere l’altro “volto” dell’azienda Zenato, e quindi apriamo le danze dei vini della Valpolicella con il Valpolicella Classico Superiore 2019. È, poi, il turno di “Ripassa”, il Valpolicella Ripasso Superiore 2018. Subito dopo la fermentazione delle uve passite dell’Amarone, la migliore selezione di Valpolicella “ripassa” sulle vinacce dell’Amarone, dando inizio alla seconda breve fermentazione. È giunto il momento dell’ultimo assaggio. Difficile eguagliare il “Ripassa”, pensiamo. Ma arriva lui: l’Amarone della Valpolicella Classico 2017. Che meraviglia.
Ilatium Morini
Siamo nella Valle d’Illasi. Qui, in sette, tra fratelli e cugini della famiglia Morini, hanno ereditato un’attività, diversi anni fa, cui hanno deciso di dedicarsi ed impegnarsi totalmente. Spinti da cosa? Dall’amore per la vita di campagna e dalla passione per la coltivazione della vite. È così che Ilatium è diventata ciò che è oggi, affermandosi sul mercato. Chiediamo a Luca Morini, sommelier dell’azienda, di offrici uno spaccato dell’offerta di vini dell’azienda Ilatium Morini. E lui introduce questo spaccato con l’ultima novità dell’azienda: “profonde radici ma anche voglia di innovazione ci ha portati a spingerci oltre”. È così nato “Sette” il primo Spumante Metodo Classico Extra Brut firmato Ilatium. È poi il turno di “Amitor”, Veneto bianco IGT, vino giovane fresco e dagli intensi aromi di fiori ed agrumi, “di grande beva perfetto per ogni momento della giornata”. Ecco, quindi, una chicca di Ilatium Morini, “Virgo”, prodotto senza solfiti aggiunti.
Archiviamo l’ottimo capitolo dei bianchi, accogliendo il quello dei rossi con “Forziello”, vino rosso Verona IGT, limpido con un colore rosso rubino, intenso e complesso: “è elegantemente fresco e tannico con una buona struttura”. La scaletta ideata da Luca prevede poi il Valpolicella Superiore DOC “Campo Prognai”, e l’Amarone della Valpolicella DOCG “Campo Leon”, intenso e vigoroso. Dopo la complessità di questi ultimi assaggi, concludiamo con dolcezza: Recioto della Valpolicella DOCG “Septemviri” il cui profumo contiene note di ciliegie, amarene, mirtilli e cioccolata e il dorato Recioto di Soave DOCG “Sette Dame” con una nota finale che ricorda il caramello.
Stefania Tessari