Aveva gli occhi svegli, il piccolo Musa. Poco più di un bambino, 16 anni o giù di lì, l’aria di chi ne aveva già viste abbastanza. Arrivò a Veronello con un padrino d’eccezione, Giovambattista Pastorello, uno che di giocatori se ne intende. “Questo diventerà un grande” disse Pastorello. Con lui c’era Francesco Grillo, a sua volta talent scout di vecchia militanza. Gliel’avevano segnalato, erano andati a vederlo, si erano guardati e avevano già capito tutto. Mica c’è bisogno di troppi passaggi, per capire se uno è buono o no. Giocava a Potenza, Avigliano la squadretta, ma si capisce che Musa è solo di passaggio. “Questo diventerà un grande” ripeteva Pastorello, che lo portò a Veronello e lo affidò alla “scuola Chievo”, un tempo una garanzia. Era in età da allievo, ma faceva la differenza già in Primavera. Gol e giocate da giocatore vero, magari “leggerino”, ma uno come Pastorello capisce al volo se c’è della qualità. E così, Musa Juwara, nato in Gambia, arrivato in Italia su un barcone, entrò nel mondo Chievo.
Classe 2001, gioca con quelli più grandi di lui e fa gol. Gli basta un campionato Primavera per essere inserito tra i 60 migliori 2001 del mondo. Debutta anche in A, l’ultima di campionato, spiccioli di partita, il resto verrà. Il Chievo ha tra le mani un gioiellino, uno che potrebbe esser buono per la prima squadra, sfondare, diventare un pezzo da 90 del mercato. E poi, Campedelli è amico di Pastorello, che dà al Chievo la priorità su Juwara. Un’opzione da far scattare nei tempi giusti, senza bisogno di contratti e di discussioni. “Se ci credete, Musa è vostro”, questo il concetto. E come si fa a non crederci? Eppure succede e qui sarebbe interessante capire chi sceglie di “non scegliere Juwara”, di lasciarlo andare. “Juwara è del Bologna”, dice radiomercato l’estate scorsa. A costo zero.
Il resto è storia d’oggi. Musa viene aggregato ai grandi del Bologna, dove Sinisa Mihajlovic, un altro che di giovani capisce, lo mette dentro spesso e volentieri. Il piccolo Musa lo ripaga con un gol a San Siro, dove il Bologna batte l’Inter e dove Musa scrive la sua prima straordinaria pagina della carriera. “Voglio diventare un campione”, il suo sogno. Lo farà, lontano dal Chievo, che per lui rimarrà una piccola parentesi. Complimenti a chi l’ha chiusa…
“In Libia ho temuto di morire”
Un viaggio allucinante, quello della speranza. Musa l’ha raccontato così:”Avevo 15 anni, mi proposero di andare in Europa. Il viaggio costava troppo. Mamma, che era insegnante, vendette tutto, pur di aiutarmi. Abbiamo attraversato Senegal, Mali, Burkina Faso, Niger… E’ stata dura, ma il peggio è stato in Libia, dove ho temuto di morire, di non arrivare mai in Italia. Poi l’arrivo, ho cominciato a giocare, prima calcetto, poi a Potenza, facevo tanti gol. L’allenatore mi voleva bene. Mi proposero al Chievo, dove mi portarono Pastorello e Grillo. Pastorello mi aiutò anche a risolvere un problema di documenti, per i quali non potevo giocare. Sono stato al Chievo, ho debuttato in serie A, ora sono al Bologna dove il mister mi vuole bene e continua a insegnarmi. Il gol a San Siro? Un’emozione fortissima, vorrei che fosse la prima di una lunga serie. Sono qui per diventare un campione e per aiutare la mia famiglia che ha fatto tanti sacrifici per me. Li devo ripagare e c’è una sola maniera per farlo…”