Quando il premier Conte davanti ai deputati e in diretta tv ha detto agli italiani che il coprifuoco scatterà «in tarda serata», ha reso pubblico il braccio di ferro sul nuovo Dpcm. Il decreto con le regole per contenere la corsa del Covid-19 non è ancora pronto, doveva arrivare ieri sera e invece sarà firmato dal presidente del Consiglio tra martedì e mercoledì: quando lo scontro tra i partiti e con le Regioni si sarà placato e gli ultimi dilemmi saranno stati risolti. Il primo riguarda proprio il coprifuoco, l’orario cioè oltre il quale si fermano le attività e le persone devono tornare a casa. Conte non lo voleva affatto, perché «contrario a imporre forzature non necessarie» che limitino troppo le libertà dei cittadini. Alcune regioni, tra cui Lombardia, Campania e Puglia, chiedevano di far scattare la stretta alle 18. Il Pd, con Dario Franceschini e Francesco Boccia e con il sostegno di Roberto Speranza, si è battuto per non andare oltre le 20. Anche Nicola Zingaretti pensa che decretare il «tutti a casa» per l’Italia intera aiuterebbe a frenare i contagi e renderebbe più agevoli i controlli delle forze dell’ordine. Ma la renziana Teresa Bellanova, capo delegazione di Italia viva, in tandem con Conte ha provato a depotenziare la misura, proponendo di farla slittare alle 23 e facendo arrabbiare i dem: «Alle undici il coprifuoco non serve più a niente». La norma più forte e simbolica del Dpcm ha quindi «ballato» per tutto il giorno. A notte era ancora fissata alle 21, ma oggi chissà, la giornata è lunga e la lancetta di Palazzo Chigi potrebbe fermarsi sulle 22. I governatori, che hanno dato battaglia per avere più autonomia sulle restrizioni, ora vogliono che sia il governo a imporre misure uguali per tutti. «De Luca — ironizza un dem — vuole i carri armati per tenere la gente in casa».
Lombardia e Piemonte, le più vicine al lockdown. Roberto Speranza vorrebbe far scattare le zone rosse già martedì, sulla base del monitoraggio del martedì. Ma i governatori protestano e diversi ministri pensano sia meglio aspettare venerdì, dopo aver incassato il via libera al Dpcm. Anche se il ministro della Salute non fa previsioni prima di vedere i dati di martedì, che hanno l’indice Rt sopra a 2. « Non è automatico che la Lombardia sia in fascia più alta» frena il sindaco Giuseppe Sala e condivide con il presidente Attilio Fontana la convinzione che «non si ipotizza nemmeno lontanamente un lockdown stile marzo e aprile». La Liguria per Giovanni Toti è «borderline». Tensione anche sul secondo livello di intervento rispetto alle criticità dei territori. Conte ne ha indicati tre, «modulati sulla base di criteri scientifici predefiniti e assolutamente oggettivi».
Il primo determina le norme nazionali, il terzo è il lockdown per le Regioni e province in sofferenza massima e la fascia intermedia riguarda le aree del Paese che rischiano di entrare in sofferenza massima. L’idea di introdurre questo terzo livello è stata di Conte, che spera ancora di riuscire a salvare la scuola in alcune regioni. Ma i ministri del Pd lo ritengono inutile e stanno provando a farlo saltare.