Isabellissima. Il mito greco al teatro romano Isabella Ferrari, la cui carriera è costellata di successi, protagonista dell’Estate Teatrale Veronese. Venerdì, alle 21, porterà in scena i turbamenti di una donna vittima delle proprie passioni e dei sensi di colpa. Monologo ad alta intensità, tra poesia e sogno.

Tornano a brillare le stelle al Teatro Romano. Grandi pro­tagonisti per una gran­de stagione, dopo l’incubo del­la cancellazione causa Covid. Venerdì, alle 21, in un Teatro Romano final­men­­te libero da sovra­strutture e allestimenti te­cnici, Isabella Ferrari por­terà in scena ‘Fedra’. Lo spettacolo, inserito nella sezione ‘Classiche Parole’, nella doppia accezione di antiche e quotidiane, è il primo esperimento di con­ta­minazione tra grandi pro­tagonisti della scena più tradizionale e autori pro­venienti dal mondo della ricerca teatrale. “Ho voluto anche in un programma di ‘resistenza’ come quello di quest’anno – dice il diretto­re artistico Carlo Mango­lini – stimolare o assecon­da­re dei cortocircuiti, mettendo in dialogo ge­nerazioni e stili all’appa­renza distanti tra loro.

A partire da questa Fedra, che vedrà l’intensa inter­pretazione di Isabella Ferrari arricchita dalla su­pervisione scenica di Fabrizio Arcuri. Ma anche per l’incontro tra Ugo Pa­gliai, Paola Gassman e Babilonia Teatri, insieme in un inedito Romeo e Giu­liet­ta, o tra Chiara Fran­cini e Fanny e Alexander, che rileggeranno il mito di ­Amleto in L’amore segreto di Ofelia di Steven Ber­koff”. Isabella Ferrari, at­trice amatissima del­l’u­ni­verso cinematografico, di­ret­ta da Vittoria Bellingeri e accompagnata dalla vio­loncellista Aline Privitera porta in scena la poesia e il mito greco, ovvero le radici e l’essenza stessa della cultura e civiltà occiden­tale, nella Fedra firmata da Ghiannis Ritsos, uno dei più importanti poeti ellenici del ventesimo secolo. La Ferrari dà voce alla pas­sione impossibile di Fedra per Ippolito, figlio del suo sposo Teseo. A lungo in­ternato nei ‘campi di rie­ducazione nazionali’ a causa del suo manifesto marxismo, poco gradito nel dopoguerra greco, tra la guerra civile e la dittatura dei colonnelli, Ritsos usa le maschere dell’antica Gre­cia per parlare di demo­crazia, per far emergere le crisi sociali e quelle indivi­dua­li. Fedra esplora i turbamenti contrastanti di una donna vittima delle proprie pas­sioni e dei sensi di colpa. Un mo­nologo di grande in­tensità.