Ipocondria , cresce il rischio di morte In epoca antica si riteneva che questo disturbo fosse localizzato nella fascia addominale

Essere ipocondriaci non solo non fa bene al quotidiano, ma potrebbe essere un fattore che diminuisce l’aspettativa di vita, a riverlarlo un recente studio svedese pubblicato su Jama Psychiatry. Dai risultati emerge che le persone con ipocondria, hanno un rischio di mortalità superiore a quello della popolazione generale. I ricercatori del Karolinska Institut di Stoccolma, hanno valutato i dati clinici di 4.129 persone con diagnosi di ipocondria confrontandoli con soggetti di controllo. Riguardo le possibili cause all’origine di questo aumento del rischio lo stress cronico percepito, che può portare a una disregolazione della funzione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, a una disfunzione immunitaria e un’infiammazione cronica. A cui vanno aggiunti i comportamenti di evitamento (come la scelta di non farsi visitare dai medici per paura che venga loro diagnosticata una grave patologia) ma anche fattori legati allo stile di vita (come l’automedicazione tramite alcol e sostanze psicoattive) e naturalmente il mancato riconoscimento dell’ipocondria come un problema psichiatrico che richiede un trattamento. Se in epoca antica si riteneva che tale disturbo fosse localizzato nella fascia addominale (deve il suo nome al termine di origine greca ipocondrio) nel secondo d.C. lo si riteneva parte della dottrina ippocratica degli umori, per poi rientrare nel 1845 tra gli stati depressivi psichici, oggi Il DSM-5 (l’ultima versione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali-APA, 2013) classifica l’ipocondria all’interno dei disturbi da sintomi somatici con il nome di disturbo da ansia di malattia, chiarendo che il disagio della persona ipocondriaca non proviene principalmente dal sintomo in sé, quanto dall’ansia derivante dal senso, il significato o la causa attribuita. La persona ipocondriaca sperimenta infatti un continuo malessere in quanto convive con la paura di ammalarsi, di avere malattie gravi o di morire. Il soggetto affetto da ipocondria è estremamente attento a ogni piccolo cambiamento somatico e tiene costantemente sotto controllo il proprio fisico, cercando la presenza di eventuali segni di malattia. Tende a dare sia un’interpretazione erronea ai sintomi fisici di lieve entità che a preoccuparsi anche rispetto alle normali funzioni corporee (quali il battito cardiaco, la peristalsi o la sudorazione). L’età più comune di esordio è la prima età adulta, mentre il decorso è generalmente cronico. Riguardo alle probabili cause dell’ipocondria, è stato ipotizzato che malattie gravi vissute nell’infanzia ed esperienze pregresse di malattia di un membro della famiglia siano associate al manifestarsi dei sintomi dell’ipocondria. Alcuni studi ritengono che l‘ipocondria riveli certe disposizioni e tratti di personalità come la tendenza al controllo. E’ stato inoltre osservato come i pazienti ipocondriaci possiedano un’immagine di sé di persona vulnerabile. Per tutti questi motivi la psicoterapia, integrata alla farmacoterapia, non può aspettare e il suo focus non sarà tanto rassicurare il paziente del fatto che non contrarrà nuove malattie, quanto aiutarlo ad arrivare alla consapevolezza dell’inevitabilità di questi eventi e all’accettazione della fragilità umana, per imparare ad apprezzare la vita nella sua precarietà senza averne eccessiva paura. *Sara Rosa, Psicologa e psicoterapeuta