Quando senti parlare Damiano Tommasi, capisci subito la grandezza del campione che hai davanti. Mai una banalità. Vedi il bambino che ancora vive in lui, il padre di famiglia, l’atleta che è arrivato in alto, rimanendo umile. “Anima candida” come lo chiamano, rappresenta per tanti un modo di vivere lo sport in maniera diversa, pur nella normalità: “Quando ero nel Verona ho scelto di fare
l’obiettore di coscienza. Ero senza un contratto e magari, mettendo un po’ in crisi la società, potevo metter a rischio la mia carriera, ma ero e sono convinto che se uno trova il suo percorso di vita e lo fa combaciare con le proprie scelte professionali, diventa inconsapevolmente un leader”.
Si è aperto così l’incontro, nella facoltà di Scienze Motorie di Verona, che ha visto il
campione di Sant’Anna d’Alfaedo confrontarsi con gli studenti del corso tenuto dal professor Alberto Nuvolari. A moderare l’appuntamento il nostro direttore Raffaele Tomelleri, che ha rotto il ghiaccio delle domande proseguendo sul tema della leadership: “Come me la sono cavata in spogliatoio tra dei fenomeni come Totti e Batistuta? Credo che tutto sia partito quando ero piccolo
nel voler stare sempre coi miei fratelli, che era la cosa che mi piaceva di più fare: giocare con quelli più grandi mi ha insegnato a affrontar le situazioni e apprendere più velocemente. E così è successo anche nello spogliatoio della Roma, sono riuscito a ritagliarmi il mio spazio per la motivazione di stare con quelli più forti”.
Si cambia discorso e interviene Lorenzo, studente in aula, chiedendogli come sia stato vincere uno scudetto a Roma. “Quest’anno sono passati 20 anni e quello che
abbiamo fatto rischia di diventare una cosa irripetibile per il calcio di oggi. Roma è una città che sedimenta le emozioni: quando ci torno, ogni persona che incontro si ferma, spiega ai suoi figli chi
sono e tu riprovi le stesse emozione dell’epoca”.
Poi è il turno di Federico, in videocall da casa: si era più leader nel calcio di un tempo o adesso? “Io e mia moglie abbiamo 6 figli e vivo costantemente la dimensione dei giovani: è cambiata la percezione del tempo e credo che la leadership venga riconosciuta col tempo. I social, per dire, vivono su cose che spariscono in 24h, una volta invece si viveva con la speranza di lavorare sempre nella stessa azienda per arrivare alla pensione. Ora se lo chiedo ai miei figli mi dicono, sito mato?”.
Interviene Elia, in classe: quanto é difficile mantenere una buona vita privata, da personaggio pubblico? “Dipende da quanto ci si tiene. Essere se stessi in questo ambiente non è semplice: io ho avuto la fortuna di lasciare casa solo quando mi sono sposato e questo è stato fondamentale”. Conclude Tomelleri: quando si spengono le luci e ci si trova nella quotidianità, come funziona? “Vi cito Giacomo Losi, il secondo giocatore della Roma per presenze dopo Totti, preso dal mio nuovo libro “Ti racconto i campioni della Roma”: “Ne ho visti, durante la mia carriera di giocatori rovinarsi. La gente si diverte, ci paga, poi
si spengono le luci della ribalta e ognuno resta da solo. Noi non vogliamo i grandi soldi, vogliamo la tranquillità, come ce l’hanno tutti”. Parole vere, come Damiano.
Fabio Ridolfi