Dopo il Covid, il numero dei morti sul lavoro nei cantieri veneti è tornato ad aumentare. Nel 2022, ultimo dato disponibile definitivo, le denunce di infortuni mortali sono state 24, 7 in più rispetto al 2019. Sebbene l’incidenza nella nostra regione sia più contenuta rispetto a quella riscontrabile in quasi tutte le altre regioni del Nord, emerge, in particolare nelle province di Venezia e Verona, che tra i lavoratori deceduti nei cantieri il numero di quelli occupati in aziende appartenenti all’installazione impianti è in costante aumento.
Anche alla luce di quanto è accaduto nella tragedia di Firenze avvenuta la settimana scorsa, è verosimile ritenere non sempre questi lavoratori si trovino all’interno di un cantiere per realizzare degli impianti (elettrici, idraulici, sanitari, di condizionamento, di sollevamento, etc.); ma siano lì per eseguire delle mansioni di natura strettamente edile (demolizioni, carpenteria, coibentazione, muratura), senza disporre, però, di un corretto inquadramento contrattuale, ovvero quello dell’edilizia. Una tendenza, quest’ultima, che consentirebbe alle imprese che ricorrono a questo “escamotage” di risparmiare sul costo del lavoro.
Non solo. Le maestranze che esercitano l’attività edile, ma non dispongono del CCNL corrispondente, non sono tenute a frequentare i corsi di formazione obbligatori previsti per gli edili, rendendo questi lavoratori meno consapevoli e meno preparati ad affrontare i rischi e i pericoli che possono incorrere durante la giornata lavorativa.
Purtroppo, i dati disponibili non ci consentono di “soppesare” quante imprese dell’edilizia anche in Veneto applicano il contratto metalmeccanico anziché quello edile. Tuttavia, al netto delle considerazioni appena sviluppate, è evidente che nei cantieri accedono comunque troppi addetti che non hanno ricevuto un’adeguata formazione in materia di sicurezza. Se tra le principali irregolarità riscontrate dall’Ispettorato del Lavoro durante l’attività di controllo emergono, in particolar modo, i ponteggi non ancorati correttamente, l’assenza di percorsi all’interno del cantiere dedicati ai mezzi e/o ai pedoni o la mancanza/inadeguatezza di dispositivi di protezione collettivi (parapetti, armature, barriere), vuol dire che il lavoro da fare in materia di prevenzione è ancora tantissimo. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA.Sebbene i dati riferiti al 2023 siano provvisori, rispetto al 2022 anche in Veneto la mortalità nei luoghi di lavoro parrebbe in calo. L’anno scorso a livello nazionale i decessi sono stati 1.041 e la Lombardia, con 172, è la regione dove si è registrato il dato più preoccupante. Seguono il Veneto con 101, la Campania con 95, l’Emilia Romagna con 91 e il Lazio con 89. Le realtà dove la mortalità è più bassa riguardano, ovviamente, quelle meno popolate. La Provincia di Bolzano con 11, quella di Trento con 8, il Molise con 5 e la Valle d’Aosta con 1 sono i territori meno investiti da queste tragedie nei luoghi di lavoro.