“Le dichiarazioni trionfalistiche sul risultati dell’aeroporto di Verona, apparse in questi giorni sul giornali veronesi, ci spingono a qualche riflessione”, la nota di Azione Verona. “Leggendo tali dichiarazioni, sembrerebbe che il nostro aeroporto sia una fenice risorta dalle ceneri e pronta ad ottenere sfolgoranti risultati nei prossimi anni, grazie anche ad “imponenti” investimenti infrastrutturali. Ahimè, i freddi, ma implacabili numeri mostrano una realtà ben diversa: nei primi 8 mesi del 2002, l’aeroporto di Verona ha registrato un -19% di passeggeri rispetto allo stesso periodo del 2019 (pre-pandemia), e prevede di chiudere l’anno con 3 milioni di passeggeri. Se guardiamo i due aeroporti più vicini a noi (al di fuori dal Gruppo SAVE naturalmente), vediamo che Bergamo ha fatto invece un ben più dignitoso -7% (e chiuderà l’anno con 12 milioni di passeggeri, dato che fa veramente riflettere se si pensa che, nel 2005, i due aeroporti di Verona e Bergamo erano pressoché speculari) e Bologna ha registrato addirittura un +4,2% Da Bologna si possono raggiungere 70 destinazioni (tra nazionali ed internazionali), da Bergamo addirittura 115, mentre da Verona solo 40, per altro praticamente tutte servite solo da compagnie low cost (ben venga la presenza ed il rafforzamento di compagnie come Volotea, Wizz Air e Air Albania, ma anche i più entusiastici sostenitori del Catullo potranno convenire che non parliamo di compagnie come Air France o British Airways, che sono invece fondamentali per attrarre clientela business e lesure di alto livello, che sono proprio le due fasce di clientela su cui la nostra città dovrebbe puntare di più per un turismo più sostenibile e di qualità). Con il tanto celebrato Piano Romeo, si prevede di arrivare nel 2030 (tra 8 anni!!) a 5,8 milioni di passeggeri (nello scenario più ottimistico): si capisce bene che i numeri di aeroporti come Bergamo e Bologna sono ben lontani, e non sembra nemmeno esserci l’ambizione di raggiungerli”, silegge ancora nel documentato intervento di Azione Verona. “Su una cosa però siamo d’accordo con le dichiarazioni rilasciate dagli esponenti del Catullo: il sistema Verona (Comune, Provincia, Camera di Commercio) deve fare di più! Ma lo deve fare per far sentire la propria voce nel CDA della società e per riportare in alto le ambizioni del nostro aeroporto, che non può rassegnarsi ad essere un piccolo aeroporto di provincia buono solo per qualche weekend low cost o per fare da bacino di clienti all’aeroporto di Venezia”.
E’ finito il tempo delle parole
Da una parte, le intenzioni (le promesse?) dell’ad di Save, Monica Scarpa. “Faremo, saranno, voleremo…”. Dall’altra la realtà di numeri che non hanno bisogno di interpretazioni. I numeri, di bello, hanno quello. Sono chiari: meno utenti, meno viaggiatori, meno investimenti, meno destinazioni, meno prospettive. Se ne parla da anni, invano. Forse è il momento di prendere in mano anche questa “patata bollente”, ammesso e non concesso che ci sia ancora il tempo direcuperare il…tempo perso (pardon, il gioco di parole). C’era una volta un aeroporto che “se la giocava con tutti”, almeno quelli vicini: Venezia, Bergamo, non parliamo di Treviso… Oggi c’è uno scalo che sembra dimenticato se non da Dio, certamente dagli uomini. Forse è davvero finito il tempo delle parole. Adesso contano i fatti. Allacciamo le cinture?
“Il Catullo? Una succursale di Venezia” Annalisa Nalin e Giorgio Pasetto a muso duro: “Save racconta una realtà che non esiste”
“Con l’approvazione del bilancio scadrà l’attuale CdA della Aeroporto Valerio Catullo di Verona Villafranca SpA e la nostra speranza è che ci siano nuove figure più competenti a rappresentare i soci pubblici e una nuova strategia”. Non hanno dubbi Annalisa Nalin e Giorgio Pasetto, di + Europa. “Nell’intervista dei giorni scorsi la dott.ssa Monica Scarpa dichiara che “l’aeroporto era ad un passo dal fallimento e loro di SAVE furono gli unici a presentare un’offerta”: Ovviamente in assenza di una gara pubblica, la trattativa fu solo “privata”. Oggi SAVE detiene il 44% delle azioni, gli altri soci: Comune di Verona (4%), Provincia di Verona (10%), Provincia di Trento (14%), Provincia di Brescia (2%), Provincia di Bolzano (2%), Fondazione Cariverona (3%) e Camera di Commercio di Verona (18%). La dott.ssa Scarpa dichiara che in Catullo SpA tutte le decisioni del CdA sono prese “all’unanimità” e già questo ci risulta abbastanza inquietante. Sciorina inoltre dati che, ovviamente senza contraddittorio, giudica positivi evitando il confronto con altri scali. La gestione SAVE ha invece di fatto affossato lo scalo e continuerà a farlo. Tanto per fare un paragone, il vicino aeroporto di Bologna, diretto concorrente, sta investendo 350 milioni, quello di Bergamo un centinaio in più, mentre negli anni il Catullo ha rinunciato alla sua ambizione naturale di scalo leader del nord-est. Il suo traffico passeggeri è diventato inferiore a quello dell’aeroporto di Treviso, ha il record nazionale di lentezza (oltre 10 anni) nel recuperare il numero di passeggeri pre-crisi del 2007, è diventato di fatto una succursale del Marco Polo di Venezia. Ecco come stanno davvero le cose. L’aumento recente di capitale consentirà di pagare gli stipendi nei prossimi anni, mentre verrà messo in atto un ridimensionamento pilotato da SAVE e consentito dai soci pubblici. L’ultimo ad uscire dalla compagine azionaria è stato il Comune di Mantova, insieme agli altri Enti mantovani, stufo di perdere soldi in una società dal perenne passivo. I soci pubblici Veronesi sono stati più attenti a rincorrere SAVE in questa missione autolesionista invece di trovare le soluzioni per il rilancio dello scalo grazie a investimenti ambiziosi ed importanti attesi da decenni. Gli attuali rappresentanti dei soci pubblici sono incapaci di essere una controparte vera di SAVE, che continuerà a fare quello che vuole. Cosa andrebbe invece fatto? Un nuovo CdA con persone più competenti, più attente alle necessità turistiche ed economiche del territtorio. Andrebbe indetta una gara internazionale seria, andrebbe nominato un amministratore delegato a tempo pieno in grado di elaborare una strategia di sviluppo senza prendere in giro i veronesi e gli altri soci pubblici”.