Imprese in odore di mafia: sono 1391 a Verona L’allarme della magistratura circola da tempo. Ora i dati analizzati da Cgia di Mestre dicono che la provincia di Verona è quella che nel 2023 ha registrato, con 148 denunce per estorsione, l’ammontare complessivo più alto registrato in Veneto

Gli esperti del contrasto alle mafie lo dicono da tempo, siano essi magistrati, procuratori della repubblica o investigatori: non pensate di trovarvi di fronte coppola e lupara, la mafia oggi arriva in mille modi, si insinua nella finanza, si inserisce nei grandi investimenti, fiuta gli appalti. Si chiamava infatti “mafia dei colletti bianchi”, ora è quella della giacca e cravatta, look da professionisti, quella che magari si presenta come un amico che ti può dare una mano in un momento di difficoltà e poi ti svuota il patrimonio o avvia le estorsioni, oppure arriva in soccorso delle pubbliche amministrazioni che sono con l’acqua alla gola e non riescono a fare investimenti qualificanti mentre loro garantiscono l’arrivo di capitali freschi. Un allarme che circola da tempo, rilanciato più volte da magistrati, vedi per ultimo Gratteri, procuratore di Napoli che recentemente ha detto in modo netto: “La mafia è radicata a Verona”. Oggi lo studio della Cgia di Mestre si è proprio soffermato su questo aspetto: in Veneto sono 8.500 le imprese in odore di mafia e per quanto riguarda le estorsioni, uno dei segnali principali della presenza di un sistema mafioso, “La provincia di Verona è quella che nel 2023 ha registrato con 148 denunce l’ammontare complessivo più alto registrato in Veneto”. Un dato preoccupante che emerge dall’analisi della Cgia di Mestre: “in virtù dei dati in possesso dell’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) della Banca d’Italia – struttura che, per legge, riceve ogni anno dagli intermediari finanziari di tutto il Paese centinaia di migliaia di segnalazioni di operazioni finanziarie sospette – è stato possibile mappare il numero delle imprese presenti in Veneto che potenzialmente sono contigue a contesti di criminalità organizzata. Oltre alle segnalazioni ricevute, la UIF ha incrociato anche gli scambi informativi acquisiti sia dalla Direzione Nazionale Antimafia che dall’Autorità giudiziaria. Grazie a questo mix di dati è stato possibile censire uno stock pari a poco più di 8.500 imprese venete che potrebbero essere potenzialmente controllate o collegate a vario titolo alle organizzazioni criminali di stampo mafioso”. La certezza dell’infiltrazione, ovviamente, può avvenire solo ed esclusivamente a seguito di un’attività investigativa e giudiziaria. Analizzando la diffusione territoriale in Veneto delle aziende in “odor di mafia”, emerge che “il territorio che ne conta di più è la provincia di Padova con 2.355 unità. Seguono Venezia con 1.854, Verona con 1.391, Treviso con 1.295, Rovigo con 370 e Belluno con 74. Tra le provincie di Padova e Venezia è concentrato quasi il 50 per cento delle attività imprenditoriali a rischio “presenti” nella nostra regione”. Ma se a Venezia c’è una direzione distrettuale antimafia che copre il Veneto orientale con un pool di magistrati dedicati a queste indagini, la zona di Verona avrebbe bisogno più che mai di una sezione investigativa dell’antimafia, richiesta avanzata più volte a Roma. Anche perché, come scrive la Cgia di Mestre nel suo report “Gli ambiti criminali in cui le mafie fanno business sono numerosissimi. Tra i principali segnaliamo il narcotraffico, il traffico d’armi, lo smaltimento illegale dei rifiuti, gli appalti pubblici, le scommesse clandestine, il gioco d’azzardo, l’usura, il contrabbando di sigarette e la prostituzione”. E tra le attività esercitate “da queste consorterie malavitose, le estorsioni sono quelle più remunerative e le vittime di questo reato sono, quasi esclusivamente, imprenditori. Non solo. Nei territori dove il numero di denunce all’Autorità giudiziaria per estorsione/racket – ma anche per reati ambientali, contraffazione, lavoro nero, caporalato, è molto alto, la probabilità che vi sia una presenza radicata e diffusa di una o più organizzazioni di stampo mafioso è elevata”.

Sulla sicurezza si infiamma lo scontro. L’assessora Zivelonghi critica i parlamentari di Centrodestra e Padovani risponde 

Da qui nasce il boom di denunce per estorsione. “In questi ultimi anni l’estorsione è uno dei pochi reati che ha registrato un forte aumento del numero delle denunce. Negli ultimi dieci anni, infatti, i delitti denunciati in Veneto dalle forze di polizia all’Autorità giudiziaria per estorsione sono più che raddoppiati (+116,1 per cento). E in particolar modo a Nordest, fa sapere la Direzione Investigativa Antimafia, questo fenomeno si sta diffondendo senza ricorrere più a minacce esplicite e men che meno all’uso della violenza, ma cercando una specie di “complicità” con le vittime, imponendo, ad esempio, l’assunzione di personale o fornendo altre tipologie di servizi/forniture. Oppure, proponendo alle imprese soluzioni “condivise” con reciproci vantaggi, come l’attività di fatturazione per operazioni inesistenti, ove le vittime devono corrispondere in contanti anche l’importo dell’IVA che poi deve essere versata all’erario dal committente. Consentendo così a quest’ultimo di onorare l’adempimento fiscale e al contempo di occultare la richiesta estorsiva di denaro”. La situazione in Veneto è definita “critica”, le denunce per estorsione sono aumentate del 116 per cento contro una media nazionale del 66 per cento. Nel 2023, tra le province venete, le variazioni di crescita più importanti hanno interessato, in particolare, Belluno con il +330 per cento, Vicenza con il +248,8 per cento, Verona con il +127,7 per cento, Treviso con il +123,7 per cento, Venezia con il +94,8 per cento, Rovigo con il +92,9 per cento e Padova con il +42,5 per cento. In valore assoluto, infine, la provincia di Verona è quella che nel 2023 ha registrato con 148 denunce l’ammontare complessivo più alto registrato in Veneto. Seguono Vicenza con 143, Padova con 124 e Venezia con 113″. Un aspetto molto rilevante, questo, sotto il profilo più generale della sicurezza che ha visto la nostra città e provincia scendere molte posizioni nella consueta classifica del Sole 24Ore, che ci colloca adesso al 70° posto tra mille polemiche. Spiega l’assessora alla Sicurezza del Comune di Verona, Stefania Zivelonghi che “l’assenza di Commissariati in provincia, i pensionamenti del personale delle Forze dell’Ordine, i tempi lunghi della Giustizia connessi a carenze croniche di personale sono tutti elementi rappresentati alle istituzioni centrali per le quali attendiamo risposte in parte date, per quanto di sua competenza, dal ministro Piantedosi, che abbiamo incontrato più volte”. Piantedosi proprio nel recente incontro in prefettura ha garantito per il nuovo anno l’arrivo a Verona di 130 nuovi agenti. E le altre richieste come la Corte d’appello e la Direzione investigativa antimafia? “Per il resto -afferma Zivelonghi – siamo in attesa di atti concreti anche dai parlamentari veronesi la cui assenza all’incontro sul tema, promosso dal sindaco ha destato molte perplessità, ma confidiamo in una loro maggiore consapevolezza. Dal lato nostro, siamo al fianco del Prefetto, a cui anche di recente, abbiamo chiesto interventi mirati sul tema dei furti nelle abitazioni”. Una critica ai parlamentari di centrodestra, assenti all’incontro, che non è piaciuta al deputato di Fratelli d’Italia Marco Padovani: “L’assessore Zivelonghi continua a fare da scudo al sindaco Tommasi anche sulle pagine dei media, mentre il primo cittadino preferisce rimanere in silenzio. Per oltre due anni, il sindaco ha ignorato ogni proposta di collaborazione da parte dei parlamentari veronesi, scegliendo sempre di affidarsi e delegare tutto a una giunta priva di esperienza e visione. Ora che la situazione è fuori controllo, sintomo della “mala gestio” di questi primi anni di mandato, convoca un incontro senza alcuna condivisione preventiva, stabilendo date e modalità in modo unilaterale e pretendendo la nostra presenza”. Ma per l’onorevole Marco Padovani “l’approccio di questa amministrazione è inaccettabile: da un lato si minimizzano i problemi, dall’altro si evita il confronto diretto, lasciando all’assessore Zivelonghi il compito di rispondere pubblicamente. MB