“I casi di Concamarise e Zimella dimostrano quanto sia urgente e necessario che Provincia o Regione adottino dei correttivi nelle procedure di autorizzazione degli impianti a biogas. Altrimenti un sistema che può essere eccellente per l’economia circolare rischia di diventare insostenibile per le comunità e i territori che lo ospitano”.
Alessio Albertini, vicesegretario provinciale del Partito Democratico di Verona, interviene sulle polemiche che negli ultimi mesi sono sorte a seguito di diverse proposte di realizzazione di impianti a biogas in alcune aree della provincia. Proposte che stanno suscitando mobilitazioni tra i cittadini, ma anche contrasti tra Comuni. “Queste centrali producono metano, combustibile a bassa emissione di CO2, a partire da pollina (guano avicolo), liquame zootecnico, verde e ramaglie, con un procedimento anaerobico e che non genera odore. Un sistema dall’alto valore ambientale, che limita le emissioni, punta sulla circolarità e ben si inserisce nella filiera del settore agricolo e zootecnico – sottolinea Albertini -. Tutto bene, quindi? No, perché ci sono dei significativi ‘però’, ben evidenti anche nei casi veronesi. La legge nazionale ha infatti dato ampia facoltà derogatoria alla procedura di installazione di tali impianti, che passano da una semplice pratica SUAP, autorizzabile anche con il silenzio assenso, senza che sia obbligatoria alcuna Valutazione di Impatto Ambientale e nemmeno una valutazione dell’effetto sinergico. Questo comporta che, nella realtà, soprattutto i piccoli Comuni faticano a gestire la pratica e a garantire un minimo di approfondimento istruttorio. Non è nemmeno previsto l’obbligo di avviso dei Comuni limitrofi, circostanza che ha scatenato le polemiche maggiori. C’è poi un impatto odorigeno di cui tener conto che non nasce dal ciclo produttivo, ma dallo stoccaggio del materiale organico. Ultimo, ma non ultimo: il processo comporta un aumento del flusso veicolare e, soprattutto nel caso di approvvigionamento da altre regioni, l’impatto in termini di emissioni di CO2 rischia di vanificare il risparmio derivante dalla produzione di biogas”.
“Gli impianti di biogas possono essere una buona soluzione dal punto di vista ambientale e non vanno osteggiati a priori, ma serve che la Regione e la Provincia adottino alcuni correttivi – conclude Albertini -. Innanzitutto, bisogna prevedere i requisiti della documentazione progettuale richiesta dalla legge, così da consentire agli uffici comunali di disporre di relazioni di impatto anche qualora, come spesso accade, non riescano o non siano nelle condizioni di chiederle al proponente. È indispensabile poi che sia reso obbligatorio il coinvolgimento dei Comuni limitrofi e degli stakeholder nella fase autorizzatoria. Infine, va favorito o imposto agli allevamenti avicoli e zootecnici di costituirsi in consorzi in grado di ottimizzare la fornitura di materiale organico ovvero la gestione di impianti di biogas che smaltiscano materiale prodotto nelle zone limitrofe. In questo modo si possono davvero rendere questi impianti sostenibili non solo per l’ambiente, ma anche per i Comuni e le comunità che li ospitano”.
Dal canto suo la consigliera regionale Anna Maria Bigon chiede che da parte della Giunta ci sia una maggiorcollaborazione con ARPA Veneto e gli enti locali per valutare l’effettivo impatto ambientale e sanitario degli impianti già esistenti e a pubblicare un rapporto dettagliato sulla sostenibilità della loro presenza nella provincia.