Raffaele Tomelleri
Le due facce del pallone, due mondi opposti, eppure vicini. L’uno, stella dell’Atalanta sorpresa d’Europa; l’altro regista (sopravvalutato?) di un’Inter ancora incompiuta. Li metti a confronto e scopri come in questo calcio schizzato umanità e arrofanza, sensibilità e prepotenza, possano a volte stare a un passo senza prò sfiorarsi.
Ha stupito, l’ultima settimana, il silenzio triste di Josip Ilicic, “scomparso” dai radar. L’Atalanta lo ha protetto, difeso, persino “nascosto”, finchè ha potuto. Poi, ha parlato Gasperini, l’uomo che di Ilicic ha fatto una stella di prima grandezza.
“Josip è un ragazzo molto sensibile” ha detto Gasperini. “Ha sofferto moltissimo per la pandemia, per il dolore di Bergamo, per la lontananza dalla famiglia”. Josip s’è perso, durante il lockdown. Come smarrito. “Ora ha bisogno di ritrovare se stesso, è tornato a casa, per guardarsi dentro. No, oggi il calcio non è la cosa più importante, prima del calciatore c’è sempre l’uomo”.
Un silenzio pieno di dignità, quello di Ilicic. Di umanità. “Noi lo aspettiamo, tornerà quando sentirà di doverlo fare”.
Ha stupito (ma non troppo), l’ultima settimana, il “rumore” sciocco di Marcelo Brozovic, uno che dai radar, invece, fa fatica a scomparire. Un mese fa era risultato “positivo” all’alcol test, dopo una delle sue bravate in macchina. Qualche giorno fa, probabilmente ancora alterato dall’alcol ne ha combinata un’altra delle sue. S’è presentato al pronto soccorso di un ospedale milanese con un amico ferito a una gamba con la pretesa di superare tutta la fila, “perchè io sono Brozovic”. Ha insultato medici e infermieri e solo quando sono arrivati i carabinieri, Brozovic s’è un po’ calmato. L’arroganza e la prepotenza, quelle frasi che gridano vendetta (“voi non sapete chi sono io”), quel vivere sempre e comunque sopra le righe, pensando che tutti gli altri siano “figli di un Dio minore”. Quanto sono lontani Ilicic e Brozovic?
E quanto è lontano da questo mondo Alessandro Spanò, capitano della Reggiana, appena promossa in serie B?
Lui, 26 anni, uno dei più forti difensori della C, il giorno dopo la promozione, fa un annuncio-choc. “Lascio il calcio, il mio futuro è altrove”. Spanò s’è appena laureato in economia, “…ho deciso di ascoltare quello che sentivo dentro”. ha vinto una borsa di studio alla Hult Businnes School, farà un master, poi chissà. “Il calcio non è tutto, sarebbe stata comunque soltanto una parentesi della mia vita”.
L’ha chiusa a 26 anni, ha rinunciato a tre anni di contratto, a centomila euro netti l’anno. “Noi lo aspettiamo – ha detto la società per lui le porte saranno sempre aperte”.
Ma Alessandro ha fatto la sua scelta, lontana da un mondo che gli ha dato molto, ma che ha sentito improvvisamente “stretto”. E ha scatenato reazioni diverse. C’è chi gli ha dato del “matto”, che gli ha detto “bravo”, chi l’ha capito, chi non lo capirà mai, “perchè come si fa a rinunciare a trecentomila euro netti in tre anni?”. Ilicic e Brozovic non conoscono Spanò. Ma Ilicic l’avrebbe sicuramente capito. Brozovic sicuramente no.