Frena o non frena? Il virus si sta ritirando o sta solo sonnecchihando in attesa di tornare a colpirci con forza? Possiamo essere soddisfatti e quindi tranquilli dei dati attuali? Negli ultimi quattro mesi virologi, epidemiologi ed esperti vari hanno continuato a dividersi.
E oggi le cose non sono cambiate. Il risultato è che siamo sempre più confusi. Chi ci capisce qualcosa tra noi poveri cittadini è bravo. Andrea Crisanti, direttore di Microbiologia e Virologia dell’Università di Padova e consulente della Regione Veneto, dalle colonne del Messaggero, è piuttosto pessimista.
“Stiamo perdendo un’occasione: dovevamo sfruttare le temperature alte, nei giorni in cui il virus fatica maggiormente a circolare, per avvicinare allo zero la sua presenza. Invece, la discesa si è fermata.
I numeri dell’epidemia” ha proseguito “ora sono bassi, però c’è un elemento che ci deve fare molto preoccupare: i nuovi casi sono costanti, non diminuiscono da settimane, gli scostamenti sono poco significativi”. Secondo Crisanti, per capire la situazione “basta guardare i numeri della Lombardia: non si sta facendo il tracciamento dei casi, non li si sta cercando e isolando, perché altrimenti il calo sarebbe proseguito”. Crisanti dice poi che “pare evidente che questo virus è sensibile al fattore climatico, ma questo fa aumentare i timori per l’autunno-inverno”.
“Avremmo dovuto sfruttare queste settimane per portare vicino a zero i casi positivi, in modo da ridurre al massimo la base di infetti per quando tornerà il freddo e la situazione climatica sarà favorevole a Sars-CoV-2.
Non ci stiamo riuscendo. Non va bene. Non stiamo facendo la cosa giusta, il tracciamento”.
Crisanti conferma poi la possibilità di lasciare la Regione Veneto per andare a svolgere le funzioni di consulente della procura di Bergamo che indaga sulla mancata istituzione della zona rossa di Alzano e Nembro: “Non ho ancora una richiesta ufficiale, se mi chiamano sono disponibile, non mi tiro di certo indietro. Se mi chiamano, se si rileva un conflitto d’interesse, elimino il motivo del conflitto d’interesse”.
Di parere completamente opposto Guido Silvestri, virologo, patologo e professore alla Emory University di Atlanta: “La ritirata del virus continua, e se qualcuno dice di no, sappiate che sta dicendo una sciocchezza.
Perché se è vero che i ricoveri in terapia intensiva sono aumentati di 5 unità, (passando da 163 a 168, siamo al 4,1% del valore di picco, e vedremo domani come vanno) – scrive lo scienziato nella rubrica social ‘Pillole di ottimismo’ commentando il bollettino di ieri – i ricoveri ospedalieri totali sono scesi da 3.113 a 2.867 (quindi di altre 246 unità), mentre i casi attivi totali sono scesi da 23.925 a 23.101 (quindi di altre 824 unità). Questi ultimi dati – afferma Silvestri – dimostrano come in Italia ci siano sempre meno malati di Covid-19 e sempre meno persone positive al test per Sars-CoV-2″.
Dall’indagine sierologica nazionale in corso, quanti italiani risulteranno essere stati contagiati dal coronavirus Sars-CoV-2? Il virologo Fabrizio Pregliasco dell’Università Statale di Milano si aspetta “un 10% in Lombardia e tra il 3 e il 5% altrove.
L’immunità di gregge è una chimera – avverte in un’intervista a La Stampa – quindi in attesa del vaccino bisogna rispettare le regole per non trovarci al punto di partenza”.
Il virus che circolava mesi fa era più aggressivo di quello attuale?
“A oggi sembrano ancora uguali – risponde l’esperto – anche se attendiamo di capire quanto sia diffusa la variante individuata a Brescia, che in vitro ha mostrato una minore capacità di replicazione.
Ma se il virus genera meno casi gravi – sottolinea Pregliasco – è perché oggi riusciamo a far emergere anche asintomatici e paucisintomatici. Anche le mascherine e il distanziamento hanno fatto la loro parte. Ma attenzione: anche se inalato in piccole quantità il virus attecchisce. E può causare danni”.
I festeggiamenti a Napoli dopo la vittoria contro la Juventus e la conquista della Coppa Italia, le movide in strada. Possiamo permetterceli in questa fase dell’emergenza coronavirus? “Sono comportamenti sciagurati, che potrebbero finire per rovinarci l’estate. Gli assembramenti in piccole località di mare”, in particolare, “prima o poi finiscono per accendere focolai che potrebbero farci passare le vacanze reclusi in una zona rossa”. Pregliasco commenta lo studio dell’Istituto superiore di sanità sulle acque reflue, che ha svelato la presenza di tracce del patogeno di Covid-19 già il 18 dicembre a Milano e Torino. Il fatto che Sars-CoV-2 abbia lavorato sotto traccia così a lungo non dovrebbe sconsigliare di riaprire tutte le frontiere? Per Pregliasco “sicuramente sì, se ci si riferisce all’India e a quei Paesi dell’America Latina che stanno conoscendo ora il picco. Ma oltre che prudenti dobbiamo essere ottimisti – aggiunge – pensare che il nostro sistema di tracciamento dei casi sospetti si è già mostrato capace di spegnere sul nascere i nuovi focolai, che sicuramente si succederanno nei prossimi mesi”. Altro esperto, altro punto di vista. “Gli aumenti di questi giorni credo non siano significativi, è probabile che siano contagi riferiti a settimane fa. Quindi bisogna andare nel dettaglio per capire chi sono queste nuove persone che vengono segnalate”.
Cosi’ ad Agora’ l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco che sull’andamento della curva di contagi da coronavirus e sui rischi di una seconda ondata ha aggiunto: “Un’ondata durante l’estate è molto molto improbabile. Adesso osserviamo che oggettivamente le aperture di maggio e di fine giugno non hanno avuto un impatto sulla diffusione del virus. Ormai siamo sicuramente in una fase di prima ondata pandemica passata, il che non vuol dire che il virus non esiste” ha aggiunto. Pericolo di nuovi focolai a Napoli? “L’evenienza che non ci fosse un portatore di virus è molto probabile perché, come ha fatto notare il sindaco, in questo momento a Napoli la circolazione del virus è molto bassa. Però parliamo di probabilità. E’ vero che la probabilità è bassa ma è anche vero anche che ci sono delle regole da rispettare. Il tema quindi c’è”. Spero, da uomo di sanità pubblica, che non sia successo niente ma se lì in mezzo ci fosse stato un portatore, uno positivo, adesso i colleghi dell’igiene pubblica di Napoli si troverebbero in una condizione terrificante, di dover fare il contact tracing a migliaia di persone. Se uno di quelli risultasse positivo, avete idea di quanti tamponi bisognerebbe fare? Sarebbe un incubo”.