A Giuseppe Barbieri che fu anche ingegnere municipale della sua città natale, si devono a Verona parecchie costruzioni anche importanti: dalla Gran Guardia (edificio iniz. nel 1610 dal sanmicheliano Domenico Curtoni); il fronte posteriore dei medievale palazzo del Comune; la loggia ionica di palazzo Arvedi, in via Mazzini; il palazzo Palmarini, ora Goldschmidt, in stradone S. Fermo; la casa Beretta a S. Sebastiano . Ancora su suo disegno è il cimitero veronese (1828), con propilei, colonnati, chiesa e cupola, di effetto imponente anche se frigida accettazione del “dorismo”allora imperante. Fuori Verona il Barbieri compì le parrocchiali di Poiano (1823-30) e di Caldiero (1831-36), dignitoso tributo alla tradizione rinascimentale, e si attribuiscono a lui la villa Sagramoso a Pacengo e il compimento della villa Da Persico, oggi Poggi, ad Affi (iniziata nel Seicento).
La massima opera del Barbieri – quella per cui egli è di solito ricordato – deve considerarsi il palazzo del Municipio di Verona (1838-40), in cui l’architetto riprende, innanzi all’Arena, il tema dell’ordine gigante di colonne, per mantenere un certo equilibrio, caro a Palladio. Struttura elegante ma senza invenzioni particolari, la fabbrica risulta totalmente estranea all’ambiente in cui sorge: e in ciò manifesta i limiti dell’architetto. Tra le ultime opere, la porta Vittoria, eretta oltre l’Adige, al posto dell’antica porta scaligera (1838).
Il Barbieri morì a Verona il 10 genn. 1838. Modesta è la letteratura su di lui, probabilmente per lo scarso interesse artistico della sua produzione, alla quale pur tuttavia si devono riconoscere caratteri di sobrietà e di dignitosa compostezza.
Giuseppe Barbieri nacque il 2 dic. 1777 a Verona. La sua adesione al gusto architettonico neoclassico, ormai affermatosi in tutta l’Europa, appare condizionata da ricordi di Palladio e dello Scamozzi, sempre presenti nelle sue opere.
È un edificio di dimensioni notevoli, in stile neoclassico, che ricorda nelle sue forme un tempio romano; presenta infatti un colonnato e un pronao corinzi ed un grande frontone triangolare.
Al suo interno spiccanno in particolare la Sala Arazzi, che contiene due grandi capolavori della fine del Cinquecento: “La vittoria dei Veronesi a Vaccaldo su Federico Barbarossa”, opera di Paolo Farinati, e “Cena in casa Levi” o “Cena in casa del Fariseo”, opera della Bottega di Paolo Caliari, detto il Veronese, e recentemente attribuita dalla critica a Benedetto e Carletto Caliari e la Sala del Consiglio, con l’illustrazione della tela “Vittoria dei Veronesi sui Benacesi” opera di Felice Riccio detto Brusasorzi e con l’affresco “Cristo crocefisso tra la Madonna e San Giovanni” di autore ignoto.
La Sala degli Arazzi, che si trova al piano nobile di Palazzo Barbieri, è in grado di ospitare anche cerimonie nuziali. La prenotazione effettuata si riferisce esclusivamente alla sala prescelta per l’orario indicato. Il percorso di accesso alla sala viene definito in ragione della concomitanza di eventi e manifestazioni e può subire variazioni anche dell’ultimo momento.
Tiziano Brusco
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