Il viaggio tra le meraviglie della nostra città: Girolamo Campagna

Girolamo Campagna nato a Verona nel 1549 possedeva, una bottega ereditata dal proprio padre e poiché il C. e suo fratello Giuseppe si dedicarono alla scultura, il padre Mattia affittò la sua bottega ad un altro pellicciaio. In un documento successivo il C. è detto “abitante in Venezia nel confin di S. Vidal”.
In una scrittura del 17 dic. 1573 il C. si definisce allievo di Danese Cattaneo, e anche Cattaneo lo chiama suo allievo ma non si sa esattamente quando abbia avuto inizio questo apprendistato. Il lunedì di Pentecoste del 1572 il C. si recò con il suo maestro a Padova per eseguirvi, su modello del Cattaneo, l’ultimo rilievo della serie dei miracoli di s. Antonio per la cappella dell’arca del Santo (Il santo richiama in vita un giovane). Il maestro, mori’ nell’autunno dello stesso anno lasciando per testamento “tutti i giessi e i dissegni” al C. E’ da tener presente che lo stesso Cattaneo aveva poco prima ereditato il materiale della bottega di Iacopo Sansovino. Ma soprattutto viene a delinearsi, nel periodo di apprendistato del C., un ambiente culturale che lo influenzerà nel suo ulteriore sviluppo. Si conoscono infatti l’erudizione e le ambizioni poetiche del Cattaneo, come anche i suoi rapporti di amicizia con Pietro Aretino, Torquato Tasso, Iacopo Sansovino, Tiziano e Vasari. In quel periodo avanzò per iscritto la sua candidatura a completare il rilievo abbozzato dal Cattaneo per il Santo. Nel luglio 1574 il C. a Padova, ottenne l’incarico di completare il rilievo del Santo. Collocato nella cappella dell’arca del Santo nel 1577, questo rilievo di grandi dimensioni è la sua prima opera firmata di cui si abbia conoscenza. Nelle sue opere successive si avverte l’eredità del Sansovino e del Cattaneo, ma anche l’influenza della pittura veneziana, e in primo luogo del Veronese.
Nella colossale statua di S.Giustina,collocata nel 1578 sul fastigio del portale dell’Arsenale in memoria della battaglia di Lepanto risulta evidente in qual misura la statua del C. sia concepita in funzione di punti di vista decorativi calcolati prospetticamente e quanto essa sia strettamente legata alla pittura veneziana. Nel 1579 il C. partecipo’ al concorso per la costruzione del nuovo altare maggiore del Santo a Padova. Venne prescelto fra tutti il suo progetto.
Non più tardi del 1583 il C. ricevette l’incarico di eseguire sei statue allegoriche per il monumento funebre del doge Nicolò da Ponte, nella chiesa di S. Maria della Carità. All’inizio del nono decennio del secolo, il C. era già riconosciuto maestro nel campo della grande statuaria. Negli anni 1585-90 c. il C. eseguì la statua di Cristo risorto per l’altare del Sacramento in S. Moisè e la Madonna dell’altare Dolfin nella chiesa di S. Salvatore. Alla fine del Cinquecento, le commissioni veramente importanti nel campo della plastica monumentale andavano tutte al Campagna.
Accanto ai modelli del Sansovino e agli stimoli provenienti dalla cerchia del Tintoretto, acquistano rilievo gli influssi di opere michelangiolesche, soprattutto nella concezione della statua di S. Marco, evidentemente influenzata, per quanto riguarda la struttura, dal S. Matteo di Michelangelo all’Accademia di Firenze. Furono molte le opere realizzate dal C. anche con l’aiuto del fratello ora disseminate in varie chiese di Venezia. Nel campo della ritrattistica la prima opera nota del C. è un busto (Bassano, Museo civico) eseguito nel 1595 circa per la tomba dell’amico Francesco Bassano morto tragicamente nel 1592: è un ritratto idealizzante dall’espressione vivace e criticamente, vigile. Il C., poiché, non avendo concorrenti a Venezia, può permettersi di dilazionare le consegne oltre i termini convenuti. Il C. si mostra però all’apice della sua capacità creativa nella statua di bronzo di S. Antonio abate, consegnata nel 1605 per l’altare della Scuola degli orefici in S. Giacometto di Rialto. Le sculture conservateci degli ultimi anni del C. rivelano quale fosse la sfera di competenza che egli considerava più propriamente sua. Ormai egli non lavorava che in marmo, ed eseguiva statue più grandi del naturale.

Tiziano Brusco