Bendazzoli, Giovanni Battista, artista nato a Verona nel 1739, da Giangiacomo e da Maddalena Olivieri, dove fu discepolo del cognato, lo scultore Lorenzo Muttoni. Verso il 1760, si trasferì a Venezia, nella bottega di Giuseppe Bernardi detto il Torretto. Durante questo soggiorno veneziano divenne amico del Canova, anche lui discepolo del Torretto e venne a contatto con gli ultimi esempi del “barocco”. Dopo il 1774 il Bendazzoli si stabilì a Vicenza dove aveva già avuto precedenti rapporti di lavoro: qui sposò Elisabetta Ginni da cui ebbe quattro figlie e un figlio e aprì una attiva bottega.
Dopo una vita tranquilla e laboriosa, confortata dall’affetto e dalla stima dell’ambiente vicentino, recatosi a Thiene nel maggio 1812 per collocarvi le statue di casa Chilesotti, venne colpito da violenta febbre, e li morì il 14 giugno 1812.
La prima opera del Bendazzoli sarebbe anche l’unica nota del periodo veronese: un S. Michele, collocato sulla porta della vecchia chiesa di S. Michele alla porta dei Borsari (S. Micheletto).
Quando la chiesa venne soppressa nel 1806, e sostituita da una casa, il S. Michele venne collocato sulla scala e da altra mano maldestra venne manomesso e trasformato in una effigie di Minerva.
Non ci sono molte notizie del Bendazzoli durante il periodo veneziano (1760-1774): anche se già allora egli dovette allacciare contatti con l’ambiente vicentino, se nel 1767 eseguiva per Vicenza le 16 statuette in terracotta, poi colorate a finto bronzo e collocate in origine sul tabernacolo dell’altar maggiore di S. Corona, ed oggi nella sacrestia, dopo il furto di due di queste nel secolo scorso. Degli anni attorno al 1765 dovrebbero essere i lavori dello scultore per la vicentina villa Valmarana, per completare la decorazione affrescata dai due Tiepolo fin dal 1757: due piccole statue mitologiche, un Prometeo e una Andromeda, e 18 statue grottesche di Nani.
Altri due lavori importanti nell’attività del Bendazzoli, sono il busto di Arnaldo Tornieri, in marmo, nel Museo civico di Vicenza, firmato, e le 5 statue, i due bassorilievi e alcuni minori fregi nella facciata della chiesa di S. Faustino: il tutto databile dal 1774 circa.
E’ del 1776 la statua di Antonio Zacco, in Prato della Valle a Padova e circa dello stesso anno sono le due statue, del Palladio e dell’Architettura, nell’atrio di casa Cogollo, ora Baroni, a Vicenza.
Una serie di numerose statue del Bendazzoli, collocate in luoghi diversi a Vicenza, durante la prima guerra mondiale vennero disperse quasi completamente.
Alla fine del 1700, devono appartenere le quattro figure femminili allegoriche in legno di cirmolo ideate dal Bendazzoli per villa Guiccioli a Monte Berico, poste ora lungo la nuova scala del Museo Civico.
Del 1812 sono le tre statue (Diana, Giunone e forse Leda) sul timpano di palazzo Chilesotti a Thiene.
Non databili con sicurezza, ma posteriori al 1776, anno di consacrazione della chiesa, sono le due belle statue in marmo di Mosè ed Aronne, poste dal Bendazzoli ai lati dell’altar maggiore della parrocchiale di Arsiero e manomesse durante la guerra 1915-1918.
Nonostante il Bendazzoli venga giudicato soltanto “un mediocre scultore” più tardi se ne tentera’ una rivalutazione, distinguendo due periodi: uno iniziale, presumibilmente fino al 1780, in cui l’artista si manterrebbe al livello dei suoi contemporanei; ed uno successivo, giunto al culmine dopo l’intervento del Canova del 1792, quando lo scultore si consolidò come artista attraverso l’insegnamento dei modelli antichi.
In realtà, il Bendazzoli viene a trovarsi, nella Vicenza dei secondo 1700, a una svolta critica, mentre cominciano a diffondersi le nuove teorie “neoclassiche”.
Tiziano Brusco