Il viaggio tra i veronesi illustri: Sebastiano Ricci

Pittore, bellunese nato nel 1659, morto a Venezia il 15 maggio 1734. A lui dobbiamo il rinascimento settecentesco della pittura veneziana con grande successo in Italia e all’estero nonostante ci siano già grandi il Piazzetta e il Tiepolo. Venuto da Belluno a dodici anni, più che da maestri, apprende con la pratica, lavorando in una pubblica bottega a Rialto. Fugge da Venezia a Bologna per un delitto d’amore e poi scappa a Torino. Tutta la sua vita sembrerà un romanzo di avventure. Realizzerà una Decollazione del Battista, di cui rimane solo la stampa, il Santo vescovo ad Innsbruck e una sua Pietà, che palesano lo studio dei Carracci e soprattutto di Lodovico. Giunto a Parma viene ben accolto da Ranuccio Farnese, che gli paga gli studi a Firenze e a Roma. Si afferma pittore di largo potere, ma del tutto barocco, a Milano nel 1695 nel soffitto della cupola di S. Bernardino dei Morti, col volo in cielo delle anime beate. Già in questo primo soggiorno in Lombardia il Ricci conosce e frequenta Alessandro Magnasco, il singolare pittore che ebbe su di lui innegabile potere. Dopo circa un ventennio di formazione lontano da Venezia dal 1680, celebra a Belluno il ritorno in patria, sui primi anni del Settecento dove mostra già il suo colorire frizzante, su esempi del Correggio più che veneziani. Limitazione del Correggio, attraverso il Carracci, nella pala imponente del San Gregorio con la sua pesantezza barocca e’ pur sempre un’impetuosa forza barocca che agita nei bellissimi tondi del soffitto di S. Marziale a Venezia, sotto le ardite prospettive, gli angeli che scolpiscono l’immagine della Vergine. Nella vita molto movimentata di quegli anni (fra il 1701 e il 1703 il Ricci lavora probabilmente anche a Vienna) lo troviamo in amichevoli relazioni con Ferdinando di Toscana nei cui palazzi si potrà dire che a Firenze sia nata la decorazione nuova, rococò, dell’ambiente signorile italiano, portato a Venezia a tanta perfezione dal Tiepolo. Di questo tempo è l’autoritratto del Ricci agli Uffizî, di provocante imponenza. Quando col 1708 il Ricci segna la pala della Vergine di S. Giorgio Isola e innalza a S. Stae nello stesso anno il soffitto con l’Allegoria della Virtù, egli ha ormai rifatto veneziana la sua pittura vivace, chiara, luminosa. Porta allora la sua arte alla conquista della ricchezza a Londra, dove la Resurrezione per la cupola dell’ospedale di Chelsea e parecchi soffitti a Burlington-House attestano la considerazione in cui era nel mondo ufficiale artistico, ma conquista il grande successo finanziario con i quadri di storie bibliche e profane per la gaia libertà del suo pennello impreziositosi sempre più anche su esempî fiamminghi. Nel 1717 ritorna attraverso i Paesi Bassi; e, a incoronarsi di gloria a Parigi ottenne, col saggio della Francia che onora le scienze, ora al Louvre, il titolo d’accademico; nel 1723 divenne accademico della Clementina di Bologna. Rende onore alla sua Belluno dipingendo una grande sala nel Belvedere per il vescovo Bembo, della quale resta solo qualche frammento di gustosissimo affresco al museo. A Venezia si stabilisce a lungo in un lussuoso appartamento della Procuratia a vivere “alla grande” e, principi e signori l’assediano di commissioni. Abbiamo della sua perfezione luminosa, a Venezia, il grande soffitto dell’Apoteosi delle scienze nella Libreria dei somaschi, ora Seminario patriarcale. procuratori di S. Marco incaricarono il Ricci del cartone vivacissimo, ancora in Palazzo ducale, del doge che venera il corpo del Santo, reso in musaico da Leopoldo del Pozzo sulla facciata della basilica d’oro. Composizioni larghe, ariose, sempre di più prezioso colore, della sua maturità, come la Comunione di Santa Lucia a Parma, il San Gregorio che libera le anime a S. Alessandro a Bergamo, l’Assunta in S. Carlo a Vienna sono fra le più splendide creazioni del Settecento veneziano. Dei suoi ultimi anni, le pale del Miracolo di San Francesco e di Sant’Elena a S. Rocco e i Tre santi domenicani ai Gesuati portano ancora del nuovo in chiarezza, in morbidità, in scintillio, con una portentosa resa di ogni particolare, dove il Ricci vecchio, mostra di non disertare ancora la gara con i giovani maestri in una continua capacità di rinnovamento.

Tiziano Brusco