Nacque a Sandrigo (Vicenza) il 23 novembre 1819 da Giovanni, negoziante e venditore di canape, e da Giuseppina Caldana. Successivamente si trasferirono a Vicenza, e grazie alla protezione dei conti Franco, Roi ebbe modo di avviare la sua formazione artistica dal 1835 alla scuola di disegno con i corsi diretti inizialmente dal «cesellatore di oreficerie» Bartolomeo Bongiovanni e poi quelli del bassanese Antonio Bernati, uniti tra loro da qualche collaborazione. Oltre a tale ambiente culturale si esercitò nella copia e in qualche lavoro d’occasione, cui si affiancò l’interesse per gli artisti del quattrocento locali. A partire dal 1837 con il sostegno municipale Roi ebbe la possibilità di continuare gli studi all’Accademia di belle arti di Venezia mostrandosi allievo brillante, tanto da ricevere differenti premi per la copia, il nudo e l’invenzione della figura. Attraverso nuovi sussidi locali, nel 1843 si sposto’ a Roma, frequentando così alcuni pittori che gravitavano attorno all’Accademia di S. Luca e del circolo dei nazareni. Tutto ciò emerse nel dipinto con il “Gesù santo pastore” mandato all’esposizione di Venezia di quell’anno, oltre che nella sua capacita’ di «buon coloritore e disegnatore accurato», che non «sacrificò mai alla realtà. L’attenzione per i soggetti a tema religioso divenne più concreto a partire dal fortunato ritratto di Pio IX, su commissione privata, di cui l’artista realizzò una cinquantina di repliche fino ad arrivare alla “Deposizione” della parrocchiale di Sandrigo. Molto capace nella ritrattistica, con cui si mise in mostra nelle diverse esposizioni, Roi venne sostenuto da alcune famiglie tra cui i conti Franco e lodato da Jacopo Cabianca. Assecondando il suo fervore per il risorgimento dei tardi anni Quaranta, Roi si arruolò, combattendo tra il Trevigiano, Venezia e il Vicentino. Acquietati i moti, il pittore seguitò a gravitare tra Roma e la realtà vicentina. La propensione per le battaglie nostrane, non gli impedì di accettare, una decina d’anni dopo, a seguito del definitivo trasferimento dello studio a Venezia nel 1853, forse anche per la ricerca di un confronto con un contesto e un mercato meno provinciali, la scomoda e sgradita commissione, da parte del governo austriaco di Massimiliano d’Asburgo Lorena, di un dipinto che doveva celebrare l’inizio della Restaurazione e raffigurare “L’ingresso degli austriaci a Venezia” (1859). Roi si pose poi in competizione con Antonio Zona (nato a Gambarare di Mira – Venezia nel 1814, morto a Roma il 1° febbraio 1892. Vissuto lungo tempo a Milano, il suo gusto pittorico rimase legato alla tradizione pittorica veneziana), nella pittura di storia con il “Tiziano che incontrando Paolo Veronese si congratula con lui per un quadro recentemente finito”, aprendosi alla composizione di grande impianto. Il “Manfredi” (grandioso “Manfredi riconosciuto dai suoi familiari dinanzi a Carlo d’Angiò”, sul quale lavorò fino alla morte e che oggi si può ammirare nella sala del Consiglio comunale di Sandrigo. Il soggetto costituiva una sorta di “primo italiano”, un re di Sicilia che tentava di sottrarre l’Italia dal giogo imperiale e dalla morsa della Chiesa, difesa dal re di Francia), venne lodato da Camillo Boito ( architetto, restauratore e teorico dell’architettura italiana. Fu una figura di spicco nel dibattito che animò il mondo artistico italiano all’indomani dell’unità nazionale, incentrato sulla ricerca dello “stile nazionale”, che avrebbe dovuto caratterizzare l’architettura, la pittura e la scultura dell’appena costituito Regno d’Italia) e più severamente giudicato da Selvatico. Il cartone passò nel 1861 all’Esposizione nazionale di Firenze ed ebbe una gestazione assai lunga, segnò appena il percorso espositivo di Roi. L’apertura a maggiori agiatezze e a contesti di impronta internazionale, per Roi dopo il 1864 quando sposò un’allieva, la contessa russa Elisa Kapnist, e quando si concentrarono i viaggi, le permanenze e gli spostamenti in diverse città europee, non gli venne impedito di tornare alla ritrattistica e alle composizioni di gusto letterario. Morì a Venezia nel gennaio del 1896.
Tiziano Brusco