Il numero che conta davvero è quello delle terapie intensive, che in Veneto sono vuote o quasi. Trenta (+1 rispetto a ieri) su cinque milioni di abitanti, una percentuale talmente insignificante da non essere meritevole di nota. Va inoltre ricordato che purtroppo parte degli intubati sono pazienti con altre patologie gravi in corso. Il Veneto ha sconfitto il Covid? Niente affatto, e chi lo sostiene è meritevole – lui sì – di un trattamento sanitario obbligatorio. D’altronde oggi sono state comunicate 595 nuove positività, ma è anche vero che il 95% è asintomatico e – lo hanno appena ricordato i professori Giorgio Palù e Roberto Rigoli, super consulenti di Zaia e tra gli specialisti più considerati d’Italia – la carica virale si è fatta via via sempre più bassa. Tanto che, Rigoli, il quale coordina i laboratori veneti di microbiologia, ha appena proposto al governo centrale di stabilire una soglia al di sotto della quale si è considerati negativi. La proposta, qualora fosse accettata, rivoluzionerebbe la situazione. E in quel caso, da italiana, la rivoluzione potrebbe diventare mondiale. Pensateci: niente più negozi e uffici chiusi qualora il dipendente di turno risultasse affetto da una percentuale infinitesimale di virus, una quantità insufficiente a contagiare chi gli sta attorno. La scuola sarebbe salva. Lo sarebbero un sacco di altre attività. Il Paese potrebbe ripartire in sicurezza e senza i controsensi che oggi lo rendono prigioniero. Uno studio eseguito su 1.442 persone positive nel Trevigiano ha evidenziato che, partendo dal tampone, sono stati necessari oltre 26 cicli di amplificazione per individuare il virus. Nel 49,58% dei casi la positività è emersa tra i 26 e i 35 cicli. Il Veneto è messo meglio di tutte le altre regioni industrializzate italiane perché il governatore è stato il primo, a fine febbraio, a disporre tamponi a tappeto per isolare i malati. Il Veneto continua a reggere alla grande perché ha ospedali, medici e infermieri di primo livello. Il Veneto ha appena varato i tamponi-corti, quelli con lo stecco ridotto per intenderci, per non traumatizzare i bambini: vengono usati già in decine di scuole della regione. I test vengono eseguiti in loco, così da non chiudere gli interi istituti in caso di positività di un singolo alunno. Il Veneto, questione di un paio di settimane, dovrebbe essere in grado di mettere in campo un test che dirà subito se una persona è affetta da influenza normale o da Corona: va da sé che ciò accelererà le cure di chi ne ha realmente bisogno e sfoltirà le file al Pronto Soccorso. Chiudiamo tornando ai numeri dell’epidemia nella nostra regione. Il 7 marzo la percentuale dei ricoverati rispetto al totale dei positivi era del 31,8%: oggi siamo al 6,8. I ricoverati in terapia intensiva rispetto al totale dei ricoverati era del 46,2, oggi siamo al 7,6. Di sicuro significa che i nostri medici hanno imparato a curare molto meglio i malati. Se poi gli esperti ci dicono pure, e lo stanno dicendo, che la carica virale è molto più bassa, bé, evidentemente non c’è da stare allegri, e anzi è necessario continuare a seguire le regole, però non è neppure il caso di fare terrorismo psicologico. L’attività preferita dalla maggior parte dei virologi televisivi e dei giornali catastrofisti.