«Quando decidevo che ne avevo voglia non c’erano difensori in grado di fermarmi. Del resto, uno che a diciotto anni ha messo in difficoltà un giocatore come Santamaria, storico terzino del Real Madrid degli anni ’60, vincitore di cinque Coppe dei Campioni, non lo può fermare nessuno». Proprio vero, il “vecchio” Zigo non si smentisce mai. Sentirlo parlare è sempre una meraviglia. Potresti starlo ad ascoltare ore. Ed è lui che “gioca” oggi la sfida di sabato sera del Bentegodi tra Verona e Roma. Nella lunga lista di doppi ex che hanno indossato le maglie delle due squadre, Gianfranco Zigoni rappresenta senza dubbio uno tra i più rappresentativi.
«Arrivai a Roma dopo gli anni di Juventus – ricorda – dove ero stranamente caduto un po’ in depressione. In giallorosso, però, mi ripresi subito. Trovai l’ambiente ideale per me, diventando un idolo dei tifosi. Furono due ottime stagioni. Quando mi cedettero al Verona, ammetto, non la presi bene. Ma quel “simpaticone” di Helenio Herrera si era innamorato di Mujesan e Orazi, entrambi all’Hellas, e Garonzi in cambio volle proprio il sottoscritto. A Roma – confessa – ho lasciato un pezzo di cuore». A Verona non sapeva, però, che avrebbe trovato il suo ambiente ideale. «Verona per me rappresenta tutto – racconta con un pizzico di emozione – è il più bel posto dove sono stato da calciatore. Lì sono nati anche i miei figli, ho amato e amo ancora adesso la città e, soprattutto, i suoi meravigliosi tifosi con i quali è nato un incredibile rapporto di affetto reciproco. Per il Verona ho rifiutato l’Inter, che mi offriva il triplo dei soldi, accettando di scendere in serie B. La retrocessione per la famosa telefonata di Garonzi a Clerici fu un’ingiustizia ed io queste cose non le ho mai sopportate. Promisi che sarei rimasto per riportarli in serie A e così fu».
Ancora oggi non ha ancora del tutto “digerito” quando Garonzi decise con il classico colpo di spugna di dire addio alla cosiddetta “vecchia guardia”. Oltre a Zigo, a fare le valigie, infatti, furono anche compagni di tante battaglie come l’inseparabile Livio Luppi, Pierluigi Busatta e Sergio Maddè. «Non sarei mai andato via da Verona, anche se un po’ me lo aspettavo. Garonzi, sapendo che qualche giornata di squalifica la prendevo sempre, mi aveva fatto firmare un contratto capestro, inserendo qualche multa. Giocando in queste condizioni non disputai una grande stagione ma sentivo che mi potevo riscattare. Quando mi cedettero al Brescia, ci rimasi veramente molto male. Sarei tornato a Verona anche gratis. Chiesi aiuto al povero Bruno Ferretto ma Garonzi non cambiò idea». A Verona è tornato proprio con la maglia delle Rondinelle, lanciate verso la serie A, ma non accettò di scendere in campo al Bentegodi. «Vero, il mio grande amico Gigi Simoni mi chiese di giocare ma gli risposi che contro il mio Verona non avrei mai accettato di farlo, per nessuna cosa al mondo».
E il Verona di quest’anno? «Ho sofferto come un matto per la salvezza ottenuta lo scorso anno. Prima dello spareggio con lo Spezia avevo predetto che l’avrebbe decisa Montipò e sono stato grande profeta. Spero, però, che quest’anno la salvezza arrivi con meno difficoltà. In ogni caso – conclude Zigo-gol – per me A o B o C, la categoria non conta. Conta sempre e solo il Verona».
Enrico Brigi