Il suicidio come unica via di fuga Il caso di Adela, vittima di stalking da parte dell’ex compagno, che viveva nella paura

SUICIDIO ANTONIO CATRICALA NELLA SUA ABITAZIONE AI PARIOLI LA POLIZIA SCIENTIFICA CON I REPERTI SUL POSTO

Già vittima di stalking da parte dell’ex compagno, Adela, una donna di Riesi, Caltanissetta, 33enne e di origine romena si è suicidata temendo il continuo ripetersi di episodi di violenza da parte dell’uomo con cui, qualche anno prima, aveva intrecciato una breve relazione. Razvan Birzoi 26enne, suo connazionale, che negli anni si è macchiato di gravi reati che vanno dalle violenze sessuali ripetute, alle lesioni, alle minacce di morte. La donna lo aveva denunciato diverse volte e l’uomo era stato condannato a scontare 11 anni, prima in carcere e poi ai domiciliari, da dove però ha proseguito a perseguitare Adela. Lei lo ha denunciato un’ultima volta il 28 giugno scorso, dopo l’ennesimo episodio di violenza a suo carico. Il pg di Caltanissetta la dott.ssa Furnari, ritenendo l’uomo un soggetto pericoloso, aveva chiesto, e ottenuto rapidamente, l’aggravamento della misura cautelare, che dagli arresti domiciliari era rientrato nuovamente in carcere. A poco però purtroppo è servita la celerità dell’intervento, perché la signora il 30 giugno ha agito il gesto più estremo e messo definitivamente la parola fine alla possibilità di subire ancora dolore per mano altrui. Un suicidio questo che potrebbe essere classificato come liberatorio, una sorta quindi di ultima e disperata fuga. Chi si autosopprime in tal caso non vuole di per sé morire, ma vuole solo porre fine a qualcosa… Qualcosa che lo tormenta. Ad avvertire i carabinieri delle intenzioni della vittima sarebbe stato lo stesso ex compagno a cui la donna avrebbe telefonato poco prima di togliersi la vita. Una circostanza su cui i militari indagano per ricostruire la reale dinamica dei fatti. Del caso si occuperà la Procura nissena, per accertare se qualcosa nei controlli a cui l’uomo era sottoposto, essendo ai domiciliari, non abbia funzionato. Il suicidio di questa donna, così come le altre storie di suicidio, sono la punta di un iceberg ingombrante e carico di interrogativi, sotto il quale vi sono tutti quegli aspetti della vita di una persona di cui non siamo e probabilmente non saremo mai a conoscenza, e che non ci consentono di comprenderne a pieno il vissuto e quindi le motivazioni di un tale gesto. Una cosa però è presumibilmente certa, ogni suicidio, o tentativo, cela un’intensa afflizione personale. A causa di sovraccarichi emotivi, le persone talvolta possono arrivare a vedere nel suicidio l’unica via d’uscita per porre fine alle proprie pene. Un tragico atto finale quindi come conseguenza di persistenti sofferenze personali. Nella prevenzione del rischio del suicidio rivestono un ruolo importante gli interventi integrati di tipo psicoterapeutico e farmacologico. Scopo della terapia è mobilitare risorse e promuovere cambiamenti: nelle capacità di problem solving, nelle modalità relazionali, nella percezione di sé e nelle convinzioni disfunzionali su se stessi.

*Sara Rosa, psicologa e psicoterapeuta