Il sospetto che sia un tempo infinito – di Raffaele Tomelleri

Vai per la strada. C’è il deserto. Nessuno. E’ chiusa perfino la Chiesa di San Nicolò, volevi andarci dentro due minuti. Magari accendere una candela, chissà…
Sembra chiusa, a momenti, anche la “piazza della speranza”. Ne usciremo mai? Ti aggrappi a un’ipotesi, “vedrai che la settimana prossima andrà meglio”, ma sbandi terribilmente addosso alle curve della malattia. “Anche oggi, numeri che fanno paura”. Va così e il deserto vero ce l’hai dentro, anche se provi a riempirlo con quello che puoi. Chiamala speranza, fede, amore, ottimismo, incoscienza, scienza, ragione, qualsiasi cosa va bene, pur di provare ad allungare lo sguardo, là, oltre la linea dell’orizzonte, che poi, oggi, coincide con la linea della paura.
E la cifra che cerchi sempre, nei TG, sui giornali, sul web, è quella dei guariti, “dai che passa”. Caspita, che dura. Ti viene veramente il sospetto che sia un tempo infinito, quello che ci aspetta. Perché poi, dicono, ci può essere l’onda di ritorno, come se quella di andata fosse uno scherzo. E perché “il picco mica è ancora arrivato”.
Non fai in tempo a vedere il bicchiere mezzo pieno, te lo svuotano subito. Non ti devi muovere e hai dentro una strana inquietudine. E pensi alla bellezza di una pizza in compagnia, di una cena tra amici, di una partita di calcio. Oh, niente di particolare, la tua quotidianità, fatta di cose semplici che per tanto, forse troppo tempo, hai dato pure per scontate. Come vedere i figli, che abitano da un’altra parte. Come festeggiare il compleanno di uno di loro. La semplicità di ogni giorno, la serenità di ogni giorno. Rivorresti indietro persino i pensieri di ogni giorno, che adesso, a ripensarci bene, sono niente, di fronte a questo. E siamo appena a metà strada, forse meno. Tutt’intorno è buio.