Tra le chiese più recenti, realizzate a Verona che tengano conto del rinnovamento liturgico ma anche del linguaggio dei “ luoghi liturgici” e delle opere d’arte in esse contenute, credo che quella che ha avuto più riconoscimenti sia la chiesa della Beata Vergine Maria realizzata nel quartiere di Borgo Nuovo. L’architettura cerca di far entrare lo sguardo all’interno del senso cristiano delle cose. Il progetto vuole raccontare l’anima di Borgo Nuovo, un popoloso quartiere periferico di Verona e vuole proporre con sobrio linguaggio, archetipi architettonici e il recupero di elementi – rosone, campane, immagini sacre – della chiesa preesistente, per dare alla nuova chiesa una prospettiva storica e alla comunità un riferimento che ne metta in evidenza l’identità. Il campanile è una sorta di pietra angolare ed è posto nel luogo più importante del quartiere per omaggiare Angelo dall’Oca Bianca, artista filantropo e fondatore dello stesso quartiere realizzato negli anni ’30 per dare rifugio ai poveri della città, che si trova sepolto proprio di fronte. E’ dal campanile che si diparte l’aula liturgica, ed è volutamente alto in quanto proporzionato alla nuova architettura cittadina. Entrando nella Chiesa la percezione è quella di uno spazio continuo, il cui orientamento è dato dalla diversa intensità della luce nei vari ambienti e dove ogni elemento – altare, ambone, sede, battistero, programma iconografico – è perfettamente integrato; da sempre, nel desiderio della Chiesa, e anche in questo caso, liturgia e arti sono veicoli attraverso i quali Dio comunica il suo amore all’umanità. Le opere iconografiche sono state scelte successivamente alla costruzione della chiesa, attraverso un concorso indetto dalla Curia di Verona nel 2009. La commissione giudicatrice ha operato scelte di diversi artisti per i differenti temi in oggetto indicando per ogni opera delle prescrizioni precise e introducendo modifiche e perfezionamenti. Il dialogo tra architetti, artisti e la committenza nella ricerca della armonia tra architettura e liturgia ha portato a risultati di opere d’arte straordinarie. Tito Amodei (pseudonimo di Ferdinando Amodei scultore, pittore, critico d’arte e religioso italiano), ha voluto personalmente arricchire la chiesa del suo ultimo Crocifisso, un’opera dall’iconografia innovativa a cui Padre Tito era legatissimo, il cui bozzetto è stato donato al Papa. Lungo le pareti, la pittrice Gabriella Furlani presenta, per la prima volta insieme in una unica visione pittorica, con l’idea del libro che si apre, lo svolgimento degli episodi evangelici sulla vita del Cristo con Via Crucis / Via Lucis. Lo scultore Giuliano Gaigher ha realizzato il tabernacolo, una teca di vetro che rappresenta l’acqua, il suo movimento vorticoso e la sua freschezza che con il suo moto, scava e porta alla quotidiana ricerca del mistero della Fede. Il vetro, rappresenta l’acqua, ma che diventa luce. Il fonte battesimale realizzato dal gruppo scultoreo di Hermann Josef Runggaldier descrive in un giardino di ciottoli portati dal Giordano, il battesimo di Cristo e il procedere di una famiglia di statue in bronzo verso l’evento.
Tiziano Brusco