Nel 1943 i binari dei treni sono stati il teatro della più grande operazione di rastrellamento di esseri umani. Milioni di ebrei, così come tutti gli altri deportati, vennero trasportati nei campi di concentramento in condizioni disumane all’interno di carri merci, un viaggio estenuante fino a diciotto giorni senza acqua e cibo. Per la maggior parte purtroppo senza ritorno.
Per questo motivo Verona ha oggi celebrato il 79° anniversario della Festa della Liberazione al Monumento Officine Manutenzione Locomotive alla stazione di Porta Vescovo. Una cerimonia promossa da Rappresentanza Sindacale Unitaria RSU e dalla Commissione Biblioteca dello Stabilimento Trenitalia di Verona che ha visto sfilare un corteo dalla portineria dell’Officina di Porta Vescovo fino al monumento dove si è celebrata la cerimonia con la presenza del Sindaco, dell’assessore alla memoria e il Presidente del Consiglio Comunale.
Alla cermonia erano inoltre presenti il capo impianto dell’Officina Manutenzione Ciclica OMC Verona Porta Vescovo Gaetano Compagnone, lo storico della Shoah e rappresentante dell’ Istituto Veronese Resistenza ed Età Contemporanea Carlo Saletti, don Vincenzo Zambello, il presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia di Verona Andrea Castagna, il Coro “Voci della Ferrata” con il maestro Raffaello Benedetti rappresentanti di Ivres Associazione veronese di documentazione, studio e ricerca, Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra Aned, Alpini, pensionati dell’Officina Grandi Riparazioni, ex combattenti, Protezione Civile, Dopolavoro ferroviario, Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti ANPPIA e i donatori sangue ferrovieri. “L’impegno che noi associazioni manteniamo costante è quello della Memoria, accompagnata da una rigorosa ricerca storica di ciò che è successo nel nostro Paese – ha sottolineato il presidente provinciale Anpi Andrea Castagna -.
Lo storico Carlo Saletti è intervenuto ricordando quelle che furono le “Ferrovie del terrore”.
“Ottomila deportati per motivi razziali, venticinquemila per motivi politici, basti pensare agli scioperi del ’44 e tutto quel tessuto di resistenza quotidiana che poteva essere nel sabotaggio sul lavoro, per quanto potrebbe riguardare la categoria dei ferrovieri, e circa seicentocinquantamila internati”.