Si è svolta in via degli Alpini 15, con la deposizione delle corone di fiori, la cerimonia per la Giornata in ricordo dei Caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la Pace, istituita nel 2009 a seguito dei tragici eventi di Nassiriya del 12 novembre 2003, in cui persero la vita 17 militari e 2 civili italiani impegnati nella missione Antica Babilonia. Tra gli eroi per la pace, il sindaco ha ricordato i concittadini Enrico Frassanito, sottotenente dei Carabinieri vittima dell’attentato di Nassiriya del 27 aprile 2006, e Manuel Fiorito, capitano degli Alpini deceduto nell’attentato del 5 maggio dello stesso anno in Afghanistan.
Tra i pozzi petroliferi e le distese infinite di casette in argilla sorge l’Iraq, uno stato poverissimo che, da decenni, è indissolubilmente legato alla guerra. Il deserto e gli elmetti dell’esercito americano sono i principali protagonisti di questi fatti, ma per noi italiani rimangono indelebili le scene delle esplosioni di Nassiriya, uno degli eventi più drammatici vissuti dalle forze armate italiane.
I FATTI. 12 novembre 2003: il giorno in cui la linea sottile che separava guerra e pace si è brutalmente spezzata. Sono le 10:40 quando un camion guidato da due kamikaze carico di tritolo e liquido infiammabile esplode davanti alla base Maestrale dei Carabinieri. L’esplosione si porta via gran parte dell’edificio e la vita di ventotto persone: diciannove italiani (dodici carabinieri, cinque soldati dell’esercito e due civili) e nove iracheni.
Nell’attentato perde la vita anche il regista Stefano Rolla, appena giunto in Iraq con la sua troupe per realizzare un documentario sul lavoro di ricostruzione operato dalle truppe italiane. La strage di Nassiriya è considerata il più grave attacco subito dalle truppe italiane in missione di pace.
L’ITALIA NON DIMENTICA? Piazze, targhe, vie, sale, eventi commemorativi; le nostre città sono puntellate di spazi e momenti dedicati ai caduti di Nassiriya.
Eppure, mentre l’Altare della Patria si riempie di fiori e i media recitano il mantra dell’ad memoriam, molti italiani aggrottano la fronte in segno di confusione e smarrimento al nominare questa strage.
C’è chi la confonde con altri fatti accaduti in Medio Oriente, chi ne conosce solo il nome, chi non ne ha mai sentito parlare. Oscilliamo tra il ricordo e l’oblio. Poco importa che la responsabilità di questa preoccupante ignoranza sia da imputare all’istituzione scolastica o alla mancata adesione degli italiani alla propria storia, ciò che conta è che è necessario fare di più; fare di più affinché, per esempio, un monumento dedicato ai caduti di Nassiriya non venga vandalizzato, com’è accaduto a Torino lo scorso agosto. Dobbiamo fare di più perché anche chi non è stato diretto spettatore di quei momenti percepisca il peso di questa pagina della nostra storia.
Se è vero che, come canta De Gregori, «la storia siamo noi», non è forse vero che riappropriarsi di quella storia è l’unica speranza capace di farci intravedere un futuro?
Martina Bazzanella