“Ho raccolto immagini indesiderate, imperfette, frammentate, perché anch’esse fanno parte della storia e delle narrazioni, non si possono cancellare”. Con queste parole, Newsha Tavakolian, artista e fotogiornalista iraniana, racconta “And They Laughed At Me”, il progetto visivo ospitato quest’estate nella scenografica sede di Eataly Art House, in via Santa Teresa a Verona. L’iniziativa, proposta da EARTH Foundation in collaborazione con Fondazione Deloitte, è vincitrice del concorso fotografico internazionale “Segnalazioni” (dedicato quest’anno alle “Connessioni”) promosso da Deloitte Italia sotto la direzione artistica di Denis Curti, con il supporto del team di BlackCamera e la collaborazione di 24 Ore Cultura. Nella prossima edizione la ricerca indagherà il tema delle “Possibilità” con l’intento di cogliere visioni di trasformazione e cambiamento offerte dal tempo presente, personale e storico. Le opere della Tavakolian, dopo una presentazione al Mudec Photo di Milano e la partecipazione alla Biennale della Fotografia Femminile di Mantova, sono giunte nella nostra città inserite in un percorso rinnovato, ideato appositamente per Eataly Art House. L’artista, componente di Magnum Photos e affermata professionista in testate internazionali (quali “The Times”, “The New York Time” e “Le Figaro”), nel corso della carriera ha trattato una vasta gamma di temi (dalle sfide femminili, alle tensioni nelle zone in guerra) dedicandosi, in particolare, al racconto fotografico della condizione delle donne iraniane documentato con momenti di oppressione ma anche di aperture culturali, manifestazioni e proteste. L’itinerario veronese raggruppa oltre quaranta foto inedite o d’archivio recuperate nello studio dell’artista, legate ai primi anni di attività e accomunate da imprecisioni nello scatto o nella stampa. La Tavakolian ha scelta di proposito una sequenza di negativi nati da errori in laboratorio (suoi o di altri) e da malfunzionamento della macchina fotografica. Ne risultano immagini forti e crude che “mostrano la realtà grezza e non rifinita, a cui è difficile sottrarsi, i cambiamenti che non possiamo negare e l’inesorabilità del tempo che passa”, racconta ancora Newsha Tavakolian. Si tratta di istantanee “segnate dall’accidentalità del fare quotidiano”, nelle quali si ritrovano visioni manipolate che alternano composizioni concettuali a elementi tipici del reportage e combinano l’arte con il documentario, i confini del reale con quelli della fantasia. Profondamente colpita dagli eventi del Paese natale, desiderosa di documentare l’incerta condizione umana del suo popolo e spinta dal desiderio di “vedere in profondità”, l’artista ha scelto, per promuovere la singolare iniziativa, la foto di una ragazza che annusa una rosa elevando il suo profumo a simbolo di speranza, amore e libertà. L’esperienza veronese di Eataly Art House si è arricchita anche di un laboratorio di visual storytelling pensato per raccontare, in modo intuitivo, le storie personali dei partecipanti. Le metaforiche rappresentazioni evidenziate in questo bel progetto, frutto di imperfezioni elevate ad arte, ricorrono all’immagine per contrastare l’autoritarismo e volgono lo sguardo a un futuro pieno di incognite, di diritti calpestati ma anche di speranza. Gli occhi di Newsha Tavakolian, attraverso la sua macchina fotografica, documentano frammenti scartati di una profonda complessità sociale, fatta di “schegge di realtà impossibili da dimenticare e che insieme compongono il volto dell’Iran, dal 1996 a oggi”.
Chiara Antonioli