Niente calcio, allora? Probabilmente no, incredibile ma vero. Dovremo rassegnarci all’idea, anche se (come sempre) il popolo del calcio è come la speranza, è l’ultimo a mollare. “Vedo una strada sempre più stretta” ha detto ieri il ministro Spadafora.. “Meglio che le società pensino a un piano B”.
Detto tra noi, come già è stato scritto, “si può vivere anche senza calcio”. Almeno adesso, in uscita da un tunnel infinito. Certo, il calcio potrebbe in qualche modo aiutare a risalire la corrente, ridare entusiasmo, adrenalina. Ma a che prezzo?E a quali condizioni? Senza pensare, e lo dicono in tanti, “che c’è pure un aspetto umano, che ti fa meditare”. Diceva Prandelli, “come si fa a giocare in città dove non hanno ancora finito di seppellire i morti?”. Il calcio riuscirebbe probabilmente ad andare oltre, in nome di cifre e numeri che spengono qualsiasi sentimento. “Se non finisce il campionato, rischia di saltare tutto il sistema”, è la minaccia che incombe.
Può essere e dispiace, certo. Ma il calcio non può, sempre e comunque, vivere in un mondo parallelo, dove tutto è consentito. C’è sempre una resa dei conti. E se fosse questa?