Il mito di Antigone è da sempre noto nelle sue linee generali anche a coloro che non usano leggere tragedie greche. Nella sua Antigone, Sofocle mette in scena uno storico dilemma, una contrapposizione che fa riflettere, e discutere, potenzialmente in ogni epoca.
La questione è sollevata dalla protagonista, Antigone, che si contrappone a Creonte, re di Tebe. I suoi due fratelli, Eteocle e Polinice, sono morti in guerra, e si pone il problema della loro sepoltura, ma, dal momento che Polinice si è rivoltato combattendo contro la propria città, il re Creonte intende rifiutargli la sepoltura.
A questo punto, la giovane Antigone si ribella, proponendo la distinzione fondamentale: mentre l’editto di Creonte è frutto di un potere tutto umano, del diritto positivo stabilito dalla città e del quale il re – che appare rigidamente prono alle proprie idee – è rappresentante, Antigone basa la propria pretesa su un livello più alto.
La necessità di seppellire il fratello al di là di quanto stabilito dalla legge della città poggia sulla legge degli dei, sulla giustizia divina, su un fattore, quindi, di piena umanità che esula, a suo dire, dalla legge positiva. Lo scontro tra i due personaggi ha ispirato molte letture – celebre quella di Hegel nell’Estetica –, che hanno teso a individuare, in tempi anche recenti, Antigone come baluardo contro l’imposizione autoritativa e addirittura autoritaria dello Stato, e finanche come eroina che scardina i paradigmi patriarcali rappresentati da un Creonte che è l’uomo aner, l’uomo maschio, distinto da anthropos, termine che in greco indica l’essere umano in senso a-generico.
A fianco di tutte queste letture, una si pone in modo trasversale, e in tutti i secoli: nella misura in cui la legge si pone come dispositivo necessario per regolare la vita comunitaria all’interno di una società, nel momento in cui la legge stessa si pone – o viene percepita, ed è questo il punto – come ingiusta, come ci si deve comportare?
La risposta a questa domanda dipende naturalmente dal livello di “legalismo” di chi se la pone: la posizione di Creonte è “giusta” secondo la legge positiva, ma è “ingiusta” secondo la prospettiva quasi “umanitaria” adottata da Antigone.
L’esito della tragedia sofoclea è, in effetti, tremendo: Antigone si suicida. Ma questo evento, che lascia aperta, per certi aspetti, la questione, altro non fa se non invitare a riflettere sul fatto che la legge non è accettabile per il semplice fatto di essere legge – l’esempio delle leggi razziali sarebbe troppo facile per essere pregnante – e che vale la pena, quindi, porsi sempre in modo critico rispetto al potere vigente, e a comprendere le ragioni per le quali chi emana le leggi opera – poiché ragioni, anche non ovvie, ci sono sempre.
EffeEmme