Paolo Rossi nel ricordo di Beniamino Vignola: “Il calciatore l’abbiamo conosciuto noi della nostra epoca e ha avuto l’apice della carriera col Mondiale dell’82. Lì ha raggiunto il tetto del mondo. Io ho avuto la fortuna e il privilegio di giocarci per due anni, forse i migliori di quella Juventus. Arrivai dopo la finale di Atene, e vincemmo lo Scudetto, la Coppa delle Coppe, la Supercoppa e quella Coppa Campioni non felicemente ricordata (quella dell’Heysel, ndr). Paolo era uno normale, sia da giocatore che come persona: era il suo grande pregio. Fisicamente né io né lui eravamo paragonabili ai Lukaku o i De Ligt di adesso, ma era scaltro, rapido, intelligente, e viveva di attimi. Giocava sull’errore dell’avversario, riuscendo a capire quale fosse il posto giusto nel momento giusto, anticipava la palla: è l’intuito che hanno i grandi attaccanti”.
Qualcuno ha detto che sbucava dal nulla.
“Si faceva trovare in punti del campo quasi fuori dalla logica. Ricordo che poteva sembrare uno della Primavera, però, per quanto era normale. Non l’ho mai visto arrabbiarsi una volta: in campo lo picchiavano, o comunque non si scomponeva neanche quando era convinto d’aver ragione”.
C’è un aneddoto che lo racconta?
“Ricordo che arrivai alla Juve e tutti i grandi giocatori, che si sentivano tali, trattavano Paolo con enorme semplicità. Lui non ha mai ribadito quelle che dovevano essere le posizioni gerarchiche della Juventus, e ricordo anche che lo accusavano di correre poco e non avere un fisico da battaglia, ma quando c’era da tirare fuori le castagne dal fuoco si faceva sempre trovare pronto. E poi, che virtù umana…”.
Trapattoni gli ha lasciato un messaggio struggente.
“Ha commosso anche me. Sembra quasi come quando un genitore perde il figlio, e viene detto che la natura non dovrebbe essere così… Questo spiega il legame che c’era in quella squadra”.
Con tre gol al Brasile entri nella storia.
“Quei tre gol hanno riassunto il Paolo Rossi calciatore. Al di là del primo, grande palla di Cabrini per lui che era libero in area per il colpo di testa, gli altri due invece sono due gol di astuzia e rapina, soprattutto l’ultimo. Ricordo anche una semifinale di Coppa delle Coppe e un suo gol al Manchester United al 90′, che ci permise di andare in finale. Nessuno pensava che la palla di Scirea potesse finire lì…”.
Tra i suoi ex compagni c’è Pioli. Quanto c’è del suo lavoro sul Milan?
“Ha dato serietà e tranquillità, la stessa che caratterizzava la Juventus di allora. Quella era una grande Juve perché composta da grandi persone. All’ambiente, sofisticato e in cui il business ha sopravanzato lo sport, ha dato una pace dal punto di vista dei rumors che ha dato serenità per ottenere i risultati cui sta arrivando”.
Come giudica questo Hellas?
“Juric ha portato uno spirito importante, il suo carattere è anche quello della squadra, ha valorizzato tanti giovani e dato serenità alla società anche dal punto di vista economico. Chi è partito è stato rimpiazzato senza troppo clamore, grazie a giovani interessanti”.