La fine del Mai francese non arrestò i movimenti di rivolta in Europa e nel mondo e la contestazione coinvolse anche il mondo dell’arte e della cultura
Lo svolgimento in tre fasi del Maggio francese – “studentesca” (3-13 maggio), “sociale” (13-26 maggio) e “politica” (27-30 maggio) – come è solitamente diviso dagli storici, costituì una sorta di modello che si riprodusse con varianti e particolari specificità anche negli altri paesi in cui si contestava il sistema politico, economico, culturale e sociale vigente.
In realtà l’azione di protesta degli studenti e le lotte dei lavoratori spesso si intersecavano, interagivano e sfuggivano al controllo degli organi di rappresentanza, provocando profonde lacerazioni e non infrequenti contrapposizioni nei diversi schieramenti del mondo politico. Il 31 Maggio si tenne a Roma una manifestazione di solidarietà a sostegno degli studenti francesi a Campo dei Fiori, dove i dimostranti innalzarono barricate e si scontrarono duramente con la polizia; ma ormai la fiammata delle rivolta francese stava per spegnersi.
L’11 e il 12 Giugno si consumò l’ultimo scontro dei giovani con la polizia nel Quartiere Latino, mentre violenti scontri si verificarono presso le fabbriche ribelli alle direttive sindacali, in cui rimasero uccisi un giovane e due operai. Il governo francese dispose il divieto di tutte le manifestazioni, annunciò la messa fuori legge delle organizzazioni extraparlamentari di sinistra e il 16 Giugno la polizia sgomberò per l’ultima volta la Sorbona, da poco rioccupata. Nel frattempo venivano occupate l’1 e il 2 Giugno l’Università di Roma e di Belgrado, anche se l’ateneo romano fu sgombrato dalla polizia due giorni dopo con 53 studenti denunciati a piede libero. In quei giorni Giorgio Amendola, alto dirigente del PCI, mosse un duro attacco verso chi speculava sull’attivismo contestatore degli studenti e invitò a non “fare delle serenate ai giovani”, ma di rispettarli nell’unico modo da lui ritenuto possibile: “stabilendo un rapporto critico non viziato né da paternalismi né da civetterie che male coprono il desiderio di guadagnarsi una facile popolarità”.
Il 5 Giugno a Los Angeles fu ucciso Robert Kennedy dal giordano incensurato Shiran Bishara Shiran, dopo avere vinto le primarie in California per la presidenza degli Stati Uniti. La sera del 7 Giugno il Movimento studentesco tenne a Milano un “processo pubblico” contro la repressione e l’informazione deformata. Al termine del dibattito gli studenti si recarono in corteo alla sede del Corriere della sera e bloccarono gli automezzi per la distribuzione del giornale.
Lo scontro con la polizia, poi ricordata come la “battaglia di via Solferino”, si concluse con 12 arresti, 250 fermati, 87 denunce e parecchi contusi. Il 9 Giugno, in Jugoslavia, il maresciallo Tito rivolse un appello agli studenti affinché cessassero le proteste, promettendo riforme. Gli studenti accolsero l’invito, ma non seguì alcuna riforma, dimostrando come Tito facesse il doppio gioco.
Mentre a Milano continuavano le agitazioni per l’occupazione dell’Università Statale, il 19 Giugno, a Venezia, in occasione dell’apertura della Biennale internazionale d’Arte, molti artisti inscenarono una forma di protesta contro il vecchio sistema culturale sancito dallo statuto della Mostra.
Romeo Ferrari, docente di storia e filosofia