In questi mesi di pandemia, il Legislatore ha cercato di dare protezione, giustamente, agli inquilini alla prese con la crisi economica causata dal Covid-19: perdita del lavoro, cassa integrazione, chiusura dell’azienda, ristori non pervenuti o comunque insufficienti non permettevano agli inquilini di onorare i propri impegni con i proprietari di casa. Il legislatore ha pertanto provveduto ad emanare nei mesi scorsi una serie di provvedimenti che hanno bloccato le esecuzioni degli sfratti con la conseguenza, però, che i proprietari non si vedono più pagati i canoni di locazione, gli inquilini possono continuare ad occupare i loro appartamenti, gli amministratori di condominio possono richiedere ai proprietari anche il pagamento delle spese condominiali a carico dell’inquilino, l’Erario continua ad avere titolo ad esigere le imposte dai proprietari su canoni mai percepiti ed anche dai Comuni non è mai arrivato alcuno sconto sull’Imu.
Gli unici, quindi, dimenticati dal legislatore sono stati i proprietari di immobili, su cui in pratica lo Stato ha scaricato un grosso problema sociale: e tra questi non si deve pensare che vi siano solo i rentier in possesso di grandi patrimoni immobiliari, che vivono oziosamente e spensieratamente delle sole rendite immobiliari. Non trovando supporto e ristoro nel legislatore, i proprietari immobiliari si sono dovuti affidare ai giudici: alla Corte costituzionale sono arrivate in questi mesi varie richieste di pronunciarsi sul provvedimento di blocco delle esecuzioni degli sfratti, deciso all’inizio della pandemia e più volte prorogato nei mesi successivi.
Il dubbio di costituzionalità nasce, in primo luogo, dalla mancanza di giustificazione della sospensione indiscriminata della liberazione degli immobili, anche per quelli oggetto di sfratto convalidato prima della pandemia.
A ciò si aggiunge il fatto che il blocco degli sfratti introdotto all’inizio dell’emergenza Covid non prende in considerazione, come invece era successo per provvedimenti analoghi del passato, le condizioni economiche delle parti e la meritevolezza degli interessi contrapposti.
Anzi, tutela esclusivamente e in modo automatico il conduttore, senza valutare e senza lasciare al giudice alcun margine di apprezzare, nel caso concreto, le condizioni economiche in cui versa il locatore, anch’egli colpito dall’emergenza legata alla pandemia e pertanto posto, come negli ultimi casi trattati dai giudici, in stato di indigenza dall’impossibilità di percepire i canoni per oltre un anno. Il blocco degli sfratti fa «gravare su una parte dei cittadini, indebitamente e indistintamente ritenuti capaci di sopportarne le conseguenze, una misura di carattere sostanzialmente assistenziale, che avrebbe dovuto essere posta a carico della fiscalità generale».
Inoltre, il blocco degli sfratti, svuota il contenuto sostanziale del diritto del proprietario senza prevedere alcun indennizzo in suo favore. Infatti il locatore non può usare il bene per sè, né locarlo ad altri, né ottenere i canoni di locazione. Ed è probabile che neanche in futuro potrà trovare soddisfazione del proprio credito, soprattutto quando il conduttore è insolvibile. E il blocco è tanto più irragionevole perché resta invariato l’obbligo del proprietario di sopportare gli oneri condominiali e fiscali.
Per questi motivi non è più prorogabile da parte del Legislatore un intervento a sostegno anche dei proprietari immobiliari, anch’essi colpiti fortemente dalle conseguenze economiche della pandemia.
Marco Vantini