Dici gondoliere e non può che venirti in mente Stefano Trevisanello, infaticabile ex ala tornante gialloblù di fine anni ’80. Il nome arrivava da Valentino Fioravanti, impareggiabile penna della redazione sportiva de L’Arena di quegli anni, che così lo aveva “etichettato” in virtù delle sue origini veneziane. C’era anche lui quel giorno che il Monza, vincendo al Bentegodi, rifilò un colpo mortale alle ambizioni di promozione in A del Verona. «Ricordo tutto della mia carriera e, quindi, anche di ciò che successe in quella partita. Dovevamo vincere e, invece, arrivò una pesante sconfitta». Al vantaggio di Vincenzi, aveva risposto D’Ottavio. Poi nei minuti finali Franzot fece harakiri. «Sui calci d’angolo – racconta Trevisanello – ero solito mettermi sul vertice dell’area piccola. Quella volta mi scambiai il posto con Walter (Franzot). La palla calciata dal mio amico Ronco, con il quale avrei giocato insieme pochi anni dopo proprio con il Monza, fu colpita in maniera maldestra da Franzot e si infilò in porta tra Superchi e Tricella, che si trovava sul palo. Ironia della sorte fui addirittura incolpato da mister Veneranda perché non mi trovavo al mio solito posto». A quella sconfitta inattesa, peraltro, avrebbe fatto seguito la settimana successiva un altro ko casalingo contro il Brescia, che mise una pietra tombale sulle ambizioni gialloblù. Anche lì, un altro errore costato caro. «Proprio così. Boninsegna sbagliò un calcio di rigore e noi dovemmo dire addio al sogno promozione. Bobo era uno che aveva il record di rigori trasformati consecutivamente ma quella volta, purtroppo per noi, andò in maniera diversa. Fu un vero peccato».
La carriera di calciatore di Trevisanello si è intrecciata a doppio filo con quella del fratello Carlo. «Abbiamo iniziato insieme nel Venezia, ci siamo ritrovati ad Avellino e poi siamo tornati insieme a Venezia dove abbiamo chiuso la carriera». Sulla loro storia un simpatico aneddoto, proprio al Bentegodi. « Lui giocava nell’Ascoli e ci fece tre gol. Sul terzo Chiappella mi chiese addirittura di marcarlo ma io, subito titubante come potete immaginare, arrivai troppo tardi per impedirgli di segnare». Altri tempi.
Oggi Stefano Trevisanello lavora per la FIGC dove svolge un attento lavoro di scouting tra i giovani talenti della serie D. E in questi giorni gli è capitato di varcare i cancelli di Veronello, per anni quartier generale del suo Verona. “Entrare a Veronello – ha scritto sul proprio profilo social – è stato come rivedere un bel film sul ‘neorealismo’ con un cast di star hollywoodiane. Ho fatto un salto indietro nel tempo. Mi sono rivisto Gilberto che portava le bottiglie di prosecco per quelli che dopo cena giocavano a bocce (Mascalaito, Zigoni, Luppi e Gori) e il campo dove mister Valcareggi giocava a tennis con Busatta”. Ricordi indelebili di un calcio che ora non c’è più e che sono ancora in molti a rimpiangere.
Enrico Brigi