E poi, succede anche questo, perchè il calcio riesce spesso a raccontare storie incredibili. Una palla alta, un portiere in uscita, un campione che fa un gesto istintivo, “rubato” a un repertorio di straordinaria bellezza. Dove ci sta dentro di tutto, come nella valigia del prestigiatore. Dentro la valigia del “mago” Dieguito, c’è pure questo, e pazienza se “però non è regolare”, “se ci fosse stato il Var”, eccetera eccetera.
Ci sono gesti che sono cronaca e storia al tempo stesso, cronaca e leggenda. “E’ stata la mano de dios” dirà Diego Armando Maradona, che per farsi perdonare quel “colpo di magia”, riaprirà poco dopo la valigia del mago per inventarsi un numero stavolta sì, unico per sempre. Uno, due, tre, quattro, cinque inglesi messi a sedere, uno in fila all’altro, più il portiere ancora “scherzato” e poi il tocco irridente e beffardo. Stessa porta e stessa gioia, vai Argentina, non piangere più…
Ci sono gesti che restano per sempre, anche quando sono “prodezze alla rovescia”, perchè i campioni sanno essere tali anche allora. E perchè, pure in quel gesto, c’è tutto Maradona. L’istinto, l’intuizione, la furbizia (napoletana?), l’estro. La “fame” di vittoria, la stessa che l’aveva portato in Messico per vincere (da solo, o quasi…) quel campionato del mondo.
E allora, gli perdoni tutto, come sempre gli era stato perdonato quasi tutto, eccessi compresi. E pure quel tocco di mano, che lui stesso, sorridendo sommerso dai compagni, aveva già etichettato. “La mano de dios”.
Trentacinque anni dopo, siamo ancora qui a ricordare. Come fosse accaduto ieri, come fosse storia dell’Europeo che stiamo vedendo e non la fotografia di un Mondiale che per noi era già finito.Gli stanchi eroi di Bearzot, i reduci dell’82, avevano fatto le valigie e adesso guardavano i sogni degli altri. Quello di Maradona volava alto, impossibile da raggiungere per tutti. Come quella palla che solo la “mano de Dios” poteva toccare…