Ci sono storie che non si vorrebbero mai raccontare, ne sentire, ma che forse possono servire, nella loro tragicità, almeno a far sì che non si ripetano. C’era una volta, nella notte tra il 7 e l’8 gennaio 2023, nel reparto di ginecologia dell’Ospedale Pertini di Roma, un neonato che veniva allattato dalla sua mamma, che a un certo punto purtroppo, distrutta dalla stanchezza, si addormentava…
Il resto del racconto lo conosciamo già perché è risuonato nei titoli di ogni media, negli ultimi giorni, portando alla memoria i difficili giorni dopo il parto e facendo da eco alla paura più grande di ogni madre, quella di perdere il proprio bambino. Ma anche risvegliando quel senso di inadeguatezza, che inevitabilmente si sperimenta, per non sentirsi mai abbastanza per quel piccolino che sentiamo dipendere totalmente dalle nostre cure. La solidarietà a questa madre, che ha perso così drammaticamente il suo bambino, la si sta misurando sui social, nelle conversazioni di strada, ovunque.
In un mix emozionale di empatia, angoscia e rabbia riecheggiano pensieri come: “Poteva succedere a me, sono solo stata fortunata…”, “Lei, potevo essere io”, “Quel bambino poteva essere il mio”… Solo a Roma si sono raccolte100 mila adesioni alla petizione per cambiare i Protocolli di assistenza alle neo madri. Il Ministero della salute studia ora un Protocollo unico Nazionale per la gestione del “rooming in”.
Ma cosa servirebbe? Innanzitutto poter contare sulla possibilità di riposare ed essere assistite sentendosi comunque giuste e non in colpa. C’è bisogno di rendere la permanenza in ospedale il più possibile umanizzata, nonchè centrata sulla persona e sulle sue esigenze. Il recupero postnatale è importantissimo perché il benessere e i bisogni della mamma non dovrebbero passare in secondo piano con la nascita del bambino. La nostra cultura tende a valorizzare e a investire nella preparazione al parto, ma sembra non esserci la stessa attenzione per la preparazione dopo questo evento. Questo è in realtà un periodo importantissimo, nel quale si mettono le basi del futuro benessere del bambino, della madre e della famiglia stessa.
La nascita infatti non si conclude con il parto fisiologico. Ci sono altri importanti livelli di nascita che ancora non sono avvenuti, e che richiedono spazio, come la nascita della figura della madre. C’è, oltre un forte bisogno di supporto pratico, anche l’esigenza di un sostegno psicoemotivo. Il messaggio che deve arrivare alle neo mamme è che possono contare sull’aiuto di qualcuno e che non sono sole nell’affrontare la più grande ma anche più difficile avventura che la vita possa presentare. Il supporto psicologico alle donne che hanno appena partorito, può evitare che avvenga un crollo psicologico importante, che può essere a sua volta il preludio dell’esordio di una depressione post-partum. Ricevere aiuto e comprensione nel post partum lascia il segno non solo nel qui e ora, ma si può ripercuotere anche nei mesi e negli anni successivi come importante fattore protettivo.
Sara Rosa, psicologa e psicoterapeuta