Quante volte abbiamo sentito, in questi due anni di pandemia da Covid-19, che stessimo combattendo una sorta di guerra contro un virus subdolo e minaccioso, armati di mascherine, disinfettanti, professando il distanziamento sociale e avvalendoci dell’aiuto dei vaccini. Ora, che i contagi si stanno pian piano riducendo, la primavera è alle porte e la possibilità di riprendere a vivere in semilibertà ci sembrava prossimo, ci ritroviamo ad assistere a notizie sconcertanti di una guerra, questa volta nel reale senso del termine, scoppiata “a un passo da noi”.
A renderla così vicina oltre che alla sua collocazione, il perpetuare di aggiornamenti dei media che rimbalzano notizie. Proviamo sgomento e incredulità per quello che ci si sta palesando davanti agli schermi e riecheggia poi nella mente. Percepiamo ansia, angoscia, paura e siamo bloccati nel progettare presente e futuro.
Sembra, sempre più, che la vita e la sua aspettativa siano precarie e imprevedibili. Spesso la sensazione di non essere più “padroni” del proprio volere ci stordisce e ci fa percepire come in balia degli eventi. La minaccia alla nostra tranquillità, va a toccare uno dei bisogni più importanti dell’uomo, dopo quelli fisiologici: il bisogno di sicurezza. Queste situazioni di minaccia protratta, prima pandemica e ora bellica, stanno influendo pesantemente sulla nostra capacità di tenuta.
E’ sempre più complesso riuscire a trovare nuove risorse per far fronte ai drammatici imput esterni e continuare, nonostante tutto, a portare avanti il quotidiano, già di per sé connotato dalle difficoltà che la vita riserva a ognuno di noi. Si continua quindi a vivere, a ricoprire i propri ruoli in famiglia e nella società, ma oltre che gestire l’ordinario abbiamo continuamente a che fare con lo straordinario. Questo sovraccarico richiede incessantemente di innalzare la nostra soglia di frustrazione, accettando che molte situazioni, purtroppo, sono estranee al nostro controllo.
Non sappiamo ancora quali saranno i prossimi scenari di conflitto, ma conosciamo dai testi e dai racconti di nonni e genitori cosa la guerra lascia. Segni indelebili. La guerra, racchiudendo in sé tutte le forme di violenza, può però stimolare in noi riflessioni, sensi, ricordi e farci entrare non solo a stretto contatto con la paura della morte ma anche avvicinarci al comprendere l’importanza della vita. ll genere umano, per sua natura, evolve grazie alle crisi. Sfruttiamo quindi questa nuova triste occasione, per comprendere al meglio le nostre priorità, i nostri bisogni, per dare il giusto valore alle nostre giornate.
Sara Rosa, psicologa e psicoterapeuta