E così, Damiano ha tolto il disturbo. “Mi dimetto”, ha scritto Tommasi, lasciando qualche mese in anticipo l’Aic, Associazione calciatori. Un presidente che se ne va, fa sempre notizia, tanto più se è Tommasi, simbolo di un calcio che non esiste (quasi) più. Un presidente che si dimette, diciamolo, non fa notizia, se quel presidente si chiama Tommasi. L’istituto delle dimissioni, in Italia, dev’essere stato abolito, peraltro in incognito. Non lo fa più nessuno, aggrappati come siamo a una qualsivoglia poltrona. Certo, Tommasi non era rieleggibile, ma poteva rimanere in carica, fino alle elezioni. Poteva comunque “gestire” il potere. “Mi dimetto”, ha detto. Perchè quelli come Tommasi sono sempre più rari e ci stanno pure male in un calcio che finge di essere il solito e invece non lo è più da tempo. E dove quelli che ancora ci credono (come Damiano) rischiano di passare per “inguaribili romantici”. Non è stato semplice, il cammino di Tommasi, soprattutto negli ultimi mesi. Attaccato di qua e di là, fino all’accesa discussione (lite?) col presidente della Lazio Lotito. Ma tra un Tommasi e un Lotito, scusate, non c’è partita. Vince sempre Tommasi, 10-0. Infatti, lui si dimette e Lotito resta tra i big del calcio italiano. Dove sta l’errore?