Sono in 6000, i tifosi che quel giorno spingono il Chievo. Tutti gialloblù, ci sono dentro anche un bel po’ di bandiere dell’Hellas. Il derby non è ancora iniziato, il Chievo è visto con simpatia, non è un avversario, ma una favola che tutti vogliono vivere da vicino.
A Carrara c’è in ballo la serie B, il Chievo deve vincere, ma parte con l’handicap. Un “folle” fallo di mano di Moretto (“…non so come ho fatto”) concede il penalty alla Carrarese, Fermanelli non sbaglia. Si fa dura. La tensione fa il resto. In questi casi, l’avversario più difficile lo trovi dentro di te. Il Chievo spinge, la Carraraese fa il suo, com’è giusto che sia. La ripresa è un tormento, fino al gol di Antonioli. E’ il 17°, punizione dal limite, la sua specialità. E’ l’1-1. Ma non basta. Il Chievo sbuffa, insiste, non si rassegna. E al 37° ecco l’apoteosi: è Gentilini a chiudere il conto, con una zampata da opportunista.
Poi è solo festa. Piange Malesani, piange Campedelli, che dedica il sogno al ricordo di papà Gigi. “Più di così, dice, che posso chiedere?”. E invece, qualche anno dopo sarà serie A…