Il “caso De Mauro”, mistero senza fine Il 16 settembre 1970 il giornalista siciliano scompare: chi lo uccise? E perchè?

«Amuninni», sente nitidamente Franca. Gridato da un’ombra, tre uomini a fianco dell’auto del padre, e poi lo stridore delle gomme sull’asfalto. Lo scirocco che pare avere avvertito qualcosa prima di tutti. Allenta il soffio, blocca il sospiro. Franca pensa che sarà cosa di qualche minuto, che suo padre rientrerà di lì a poco. Sono giorni felici a casa De Mauro, tra due giorni Franca sposerà il suo Salvo. Invece De Mauro, il papà di Franca, il giornalista de L’Ora, storico quotidiano antimafia del pomeriggio, non torna.
E’ il 16 settembre 1970 e a Palermo è appena scomparso un giornalista, ma nessuno ancora lo sa.
Il giornalista. Classe 1921, nato in Puglia, De Mauro, fratello del futuro linguista Tullio, si era trasferito a Palermo con la moglie e le due figlie dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, durante la quale era stato sostenitore del Partito Nazionale Fascista, assieme alla moglie Elda, anch’essa accusata di militanza filo-fascista. Quel naso adunco e deformato, quell’andatura claudicante che contraddistinguevano il giornalista avevano spiegazioni diverse. Frutto di un incidente notturno in moto, la versione ufficiale. Segni permanenti di un pestaggio da parte di un gruppo di partigiani, la lettura di molti. A Palermo, De Mauro aveva lavorato prima al Tempo di Sicilia, poi al Mattino di Sicilia per approdare infine a L’Ora, rivelando sin da subito le ottime doti di cronista attento e capace.
Negli anni ’60 aveva seguito la morte del presidente dell’ENI, Enrico Mattei, ma anche fatti legati a Cosa Nostra. Tant’è che Tommaso Buscetta, a 15 anni dalla scomparsa di De Mauro, dirà a Borsellino e Falcone che il giornalista era “un cadavere che camminava” e che avrebbe pagato per i suoi articoli. Nel ’62 infatti De Mauro aveva pubblicato su L’Ora, un verbale di polizia risalente al 1937, in cui un medico siciliano affiliato alla mafia nel 1916 e pentito mafioso dal 1933, elencava la struttura del vertice mafioso, denunciandone gli aderenti, le regole, l’affiliazione, l’organigramma intero della società malavitosa.
Dal 21 luglio 1970 De Mauro aveva ripreso ad occuparsi del caso Mattei, in seguito alla richiesta del regista Francesco Rosi di redigere la sceneggiatura sull’ultimo viaggio in Sicilia del defunto fondatore dell’ente petrolifero di Stato, in preparazione del film “Il caso Mattei”.
Il processo e i depistaggi. A più di 50 anni di distanza dalla sua scomparsa – il corpo di De Mauro non fu mai ritrovato – non esiste una verità giudiziaria. Il caso è impunito. Totò Riina, all’epoca del processo unico sopravvissuto del gruppo mafioso che avrebbe orchestrato il rapimento e l’uccisione, è stato assolto nel 2011. Ma Cosa Nostra rappresentò forse solo il braccio armato di una decisione maturata in altro contesto, in una linea che verosimilmente collegherebbe la scomparsa di De Mauro all’eliminazione di Enrico Mattei e all’assassinio di Pier Paolo Pasolini.
Ugo Sciascia fu sempre molto vicino alla famiglia De Mauro. Per lo scrittore era evidente la ragione della scomparsa di De Mauro. La sua “colpa”? “Avere detto le cose giuste alle persone sbagliate”.