Della serie non accade, ma se accadesse…Il Caldiero a tre giornate dalla conclusione del campionato di serie D sta vivendo un autentico sogno. A 270′ dal termine di un’annata, comunque, memorabile, la classifica dice: Caldiero 68, Piacenza 67, Pro Palazzolo 66, Desenzano 65.
Quattro squadre divise da soli tre punti, a testimonianza del grande equilibrio ma anche di un dato inequivocabile.
Il Caldiero è assoluto padrone del suo destino, vincendo le tre gare restanti potrebbe festeggiare l’approdo tra i professionisti. Un centro che non arriva ad ottomila abitanti, una tradizione calcistica che solo negli ultimi anni ha assunto dimensioni significative con la gran parte dell’esistenza trascorsa tra Prima e Seconda categoria, potrebbe fare lo sgambetto ad una città di oltre centomila abitanti, con in bacheca nove stagioni in serie A e ben 19 tra i cadetti.
Miracolo? Sotto il profilo sportivo senz’altro. Anche perchè, è bene rimarcare, il Caldiero non dispone del budget economico delle dirette avversarie. Con l’arrivo della famiglia Berti, il calcio a Caldiero ha cambiato passo. Filippo Berti, titolare dell’omonima azienda che produce macchine agricole, ha regalato alla società la serie D.
Sono, sinora, solo cinque le stagioni dei termali in questa categoria e dopo quattro anni nel raggruppamento veneto, quest’anno ecco quello lombardo, a detta di molti, il più qualitativo del lotto. Eppure il Caldiero, a fari spenti e senza proclami, si è issato sin da subito ai vertici della classifica e ora può addirittura sognare il grande salto.
Tante le storie da raccontare, gli aneddoti curiosi. Intanto la filosofia è quella di valorizzare i talenti del vivaio. Fabio Brutti è l’uomo mercato del Caldiero, colui che ha plasmato un gruppo solido e forte. Ma un gruppo composto quasi prevalentemente da ragazzi locali. Kuqi, albanese di origine, nasce e cresce a Buttapietra, Turano è un ragazzo di Calabria che vive a Palù e ha giocato anche in altre squadre del Veronese come Filiciotto, da anni a Caldiero, nato a Messina ma da decenni protagonista del calcio scaligero e residente nel Bresciano, da dove arrivano anche Bitihene e Mondini mentre l’unico autentico “foresto” è Fasan, trevigiano di Caerano San Marco. Ma veronesi “de soca” sono i vari Gobetti, Golosine, Personi, di San Vittore di Colognola ai Colli, Rossi, di Boscochiesanuova, Baldani, da Bussolengo, Furini, quartiere Stadio, Cherubin, San Bonifacio, Orfeini, Grezzana, senza dimenticare il capitano, Lorenzo Zerbato, da Castelnuovo del Garda, da anni bandiera del Caldiero e in generale del movimento dilettantistico di casa nostra. In aggiunta un tecnico veronesissimo come Cristian Soave, ex bomber di ottima caratura, da Cadidavid.
Un quadro che delinea la forte identità territoriale del Caldiero, una sorta di Athletic Bilbao di casa nostra, società iberica che ha appena conquistato dopo quarant’anni la Coppa del Re con ben nove undicesimi nati nei Paesi Baschi.
Insomma un vero esempio. In primis di programmazione. Se dovesse farcela il Caldiero realizzerebbe un autentico miracolo. Ma il presidente Berti avrebbe qualche problema organizzativo da affrontare.
Lo stadio Mario Berti non può ospitare un campionato di serie C e anche la deroga eventuale è legata ad alcune situazioni non a tutte. Ci sarebbe da intervenire economicamente. Ma la netta impressione è che tutto questo non spaventa il massimo dirigente dei termali. Persona schiva, di poche parole. Ma un tesoro straordinario di concretezza e serietà e non solo per il calcio veronese.
Mauro Baroncini