Lo ascolti e capisci come mai fosse già allora un libero moderno. Anni ‘60, non proprio l’altro ieri. Saul Malatrasi, 80 anni già fatti e finiti, racconta il suo calcio. “Calcio vero, eh…”. Ha ancora la grinta del leader, perchè altrimenti come fai a guidare gente come Anquilletti e Schnellinger? “Che tempi, quelli di Rocco…” sospira con un filo d’emozione. “Quando sento adesso che parlano di esterno basso, di stare dietro al linea della palla, penso che stiano parlando di un’altra cosa…”
Esterno basso: “Prendete Brunetta, più basso di così…” scherza. Ruoli che ci sono sempre stati: “Il fluidificante, l’ala tornante, ma perchè non li chiamiamo col loro nome? Facchetti era un fluidificante, ad esempio. E Mora e Domenghini non erano tornanti?”.
La verità, dice, “è che adesso si riempiono la bocca di questo, ma il calcio vero rimane sempre quello”. Quello del suo Milan, ma anche quello della sua Inter e di tutte le grandi in cui è stato, “…perchè, non so come mai, ma quando cercavano un libero buono, venivano da me” strizza l’occhio, vispo più che mai.
E se gli chiedi di Rocco, “…un grande, lo sarebbe anche oggi. Come teneva lui la squadra, non lo faceva nessuno. L’ho visto in difficoltà solo quella volta, con noi c’era anche Rivera, che di solito non partecipava alle “riunioni notturne”, nella stanza di qualcuno. Rocco non si aspettava di vederlo. Entrò di sorpresa, “ciò mona” gli disse. “te ghe sì anca ti. Andemo a dormir”.
“Quanto a Rivera, lui era fatto così, raramente stava col gruppo, ma quando c’era bisogno sapevi che era il capitano. E si batteva per noi, oltre ad essere un fuoriclasse in campo…”. Un po’ meno al…bar, dove, narrano le voci di spogliatoi, “…nessuno l’ha mai visto pagare un caffè. Però, cosa volete che sia, ai fenomeni si perdona tutto, no?”