Perché, lo dicono i numeri, ha “riunito” l’Italia come poche cose hanno fatto negli ultimi anni. Non che l’audience sia l’unico dio al quale guardare, sia chiaro. Però, se più di metà Italia ha guardato Sanremo, vuol dire che aveva qualcosa (molto ?) da dire. E qui, il primo applauso va ovviamente ad Amadeus, che ha spopolato con scelte sempre vincenti. Equilibrate. Di buon senso. Abilissimo a puntare su Fiorello e Tiziano Ferro, il conduttore veronese ha vinto la sua personalissima sfida con competenza, professionalità, intelligenza. Ha evitato polemiche, ha tirato dritto per la sua strada, ha scelto dieci donne, ha cambiato il sistema di voto, non ha sbagliato praticamente niente. Fino a garantirsi, già da oggi, l’Amadeus-bis, come ha confessato Fiorello, a sua volta autentico mattatore. Il 70° festival è stato spettacolare, un autentico show, con ospiti sempre azzeccati, mai sopra le righe, a parte qualche inevitabile “frizione” (vedi Fiorello&Ferro) e qualche evitabile pagliacciata (Morgan&Bubo). Di cui, peraltro, Amadeus non ha alcuna colpa. Spettacolo di alto livello, forse migliore sotto questo profilo, che sul piano strettamente musicale. Ma i numeri parlano chiaro. Amadeus ha stravinto. Qua la mano.
Difficile trovare qualcosa che non ha funzionato, in realtà. Ma qualcosa c’è da rimarcare. La lunghezza, ad esempio. Difficile reggere, almeno per le persone “normodotate”. O per chi, il giorno dopo, poteva stare a letto a riposare. Chiudere ogni serata intorno alle 2 (approssimazione per difetto) non è in effetti un’idea da ripetere. Meglio una scaletta più agile e “leggera”, magari con 20/22 canzoni di qualità. L’appunto vero, in effetti, è proprio sul piano qualitativo. Tra le 24 canzoni, mediamente discrete, non ce ne sono molte che passeranno alla storia. Al di là delle varie interpretazioni, dei pareri magari discordanti, che oggi popolano giornali, social, web. E’ chiara la volontà di “svoltare” sul piano delle scelte, verso un pubblico più giovane (giusto), ma almeno una decina di canzoni (su 24) non sono sembrate di qualità eccelsa. Anzi. E in questo capitolo, inseriamo (sappiamo di andare controcorrente) la presenza di Benigni e il suo “Cantico dei Cantici”. Niente da dire sull’artista, questo sia chiaro. La sua performance sanremese (non ingannino gli osanna “in servizio permanente effettivo”) non è stata memorabile. Certo, uno è Benigni e può fare quello che vuole. Ma fino a un certo punto. Benigni è andato oltre e non siamo i soli a pensarla così…