I migranti della politica Ci sono due fatti che stanno provocando un terremoto nella destra veneta e veronese. C’è un sondaggio che in città vedrebbe la Lega sotto il 5%, doppiata da Forza Italia. Ci sono poi le dichiarazioni di Zaia, secondo il quale il suo mandato “sta finendo”

La resa del governatore. Sfuma il terzo mandato. In una dichiarazione il presidente leghista ha detto senza mezzi termini che i programmi li farà la nuova amministrazione

In pochi giorni due fatti stanno provocando un terremoto nel centrodestra veneto e veronese e nella Lega in particolare. E si sta preparando una migrazione senza precedenti. Le porte girevoli della politica questa volta saranno come un frullatore.
La prima è una indiscrezione molto forte che ha trovato conferme sia in ambienti leghisti che in quelli di Forza Italia. Un recente sondaggio vedrebbe in città la Lega sotto al 5%, anzi pare al 4,8 per cento, doppiata da Forza Italia accreditata in città del 10 per cento. Per quanto sia una indiscrezione, non è certo entusiasmante per i militanti leghisti.
La seconda è una dichiarazione di ieri del governatore Luca Zaia ai microfoni di giornali e tv: “Il mio mandato sta finendo. A meno di proroghe i 5 anni di governo si concludono tra 8 mesi. La programmazione di lunga gittata la farà la nuova amministrazione regionale”.
Parole che per chi vive di politica hanno un solo sapore: quello della resa. Zaia ha smesso di combattere per il terzo (suo quarto in realtà) mandato? Ha trovato un accordo per il proprio futuro al vertice di qualche ente importante? Esclude allora di dare battaglia alle elezioni regionali, che dovrebbero tenersi il 5 ottobre salvo colpi di scena, con una propria lista concorrente al centrodestra?
Se vogliamo aggiungere un terzo duro colpo agli entusiasmi del popolo leghista, mettiamoci anche il prossimo congresso di partito del 5 e 6 aprile a Padova dove lo stesso Zaia sarà presente, partecipante e allineato alla linea Salvini-Stefani. Si parlerà di identità del Veneto e di autonomia ma senza che seguano azioni concrete. Del resto il regolamento messo a punto appena un mese prima per il congresso prevede che se qualcuno avesse intenzione di candidarsi alla segreteria per contendere la poltrona a Salvini dovrebbe raccogliere in poche settimane tra le 120 e le 200 firme di delegati di quattro regioni. Ciao core, come dicono a Roma.
E la pattuglia di delegati del Sud sarà molto nutrita, altro che il Veneto. I delegati del Veneto saranno 67, di cui 50 della maggioranza Stefani-Salvini, 17 della minoranza con l’assessore veneto Roberto Marcato. Forse tre veneti potrebbero entrare nel consiglio federale di via Bellerio composto da 22 militanti. Per la cronaca, i delegati veronesi saranno Giacomo Biondo, Remo Molinari, Alessandro Montagnoli, Fabio Montoli, Sara Moretto, Alessandro Cappiotti, Giovanna Pesente, Giovanni Dal Cero, Tommaso Savoia, Mattia Stoppato, Francesca Vanzo e Cristiano Zuliani.
Saranno due giorni per ricaricare l’entusiasmo leghista messo a dura prova al punto che sono già cominciate, alle luce dei fatti elencati prima, le manovre di abbandono del Carroccio leghista. Salvini nei giorni scorsi in Veneto ha provato a galvanizzare i suoi: assicurando che “Alle Regionali saremo primo partito”. Tra i recenti sondaggi che stanno circolando e i dati delle ultime politiche i leghisti però sono poco allegri: alle ultime politiche FdI in Veneto portò a casa il 32% abbondante, la Lega si fermò al 14,5.

Gli orfani di Zaia e Lega dimezzata. Le aspirazioni della vicepresidente De Berti. Valdegamberi attratto da Vannacci?

Con questi numeri e con l’assenza di una Lista Zaia che cinque anni fa vinse a mani basse, l’universo leghista-zaiano se li può scordare i 32 consiglieri regionali attuali. Orfani di Zaia e con una Lega dimezzata, i consiglieri regionali attuali che valgono dai 3 mila ai 12 mila voti ciascuno, i conti se li sono già fatti: rischiano di ritrovarsi in meno di dieci a Palazzo Ferro Fini. “Se saremo in 8 sarà già tanto”, dice uno di loro, “il resto Fratelli d’Italia e Forza Italia”. E tra i leghisti uscenti c’è nientemeno che la vicepresidente Elisa De Berti che potrebbe anche essere candidata alla presidenza per la Lega, ci sono poi Filippo Rigo e Stefano Valdegamberi. Quest’ultimo potrebbe avere anche la tentazione di sfruttare la scia del generale Vannacci per risalire la corrente. E altri ancora.
E in tutto questo, la battaglia per avere la presidenza della Regione deve ancora cominciare nel centrodestra.
Ecco allora che stanno partendo gli abbandoni. Per esempio il consigliere regionale di Negrar Marco Andreoli viene già dato vicino a Fratelli d’Italia. Andreoli è stato attivissimo per il centrodestra alle ultime elezioni comunali di Negrar ed è figlio d’arte: suo padre, Remo Andreoli, è stato a lungo senatore della Lega.
Altri due consiglieri sarebbero in procinto di mollare la Lega, Rizzotto e Bisaglia, mentre un altro veronese, Enrico Corsi viene ripetutamente avvicinato a Forza Italia. Ma ha sempre smentito. Però tanto per capire il malumore che serpeggia tra i leghisti di fronte a un partito salviniano “sempre più spostato a destra”, con la popolarità di Salvini “in caduta libera, la gente non lo vuole più sentire”, una presenza meridionale “sempre più dilagante”, va registrata l’adesione di molti consiglieri regionali a un’associazione culturale profondamente leghista, anzi lighista, dal nome eloquente: Semo Veneti. Ne fanno parte ex parlamentari ed ex consiglieri regionali. Folklore? Può darsi, ma il prossimo 25 marzo a Volpago del Montello c’è una chiamata a raccolta sul tema Fondazione di Venezia e Futuro del Veneto. Il 25 marzo, giusto per ricordare, è il giorno di fondazione di Venezia, avvenuta nel 421, e il futuro del Veneto è quello delle prossime regionali. Chiaro il concetto?

Le correnti agguerrite dei “Fratelli”. Inedita alleanza tra Gasparato e Gelmetti. Stefano Casali sarà il sacrificato di turno?

Ma per i leghisti che si spostano in altri partiti del centrodestra sarà così facile trovare spazio in lista? Difficile. Per esempio in Fratelli d’Italia c’è battaglia aperta, le correnti sono molte e agguerrite. La inedita alleanza tra Matteo Gasparato di Verona Domani e Matteo Gelmetti vicepresidente della Fiera di Fratelli d’Italia chi porterà in Regione. Il candidato a Venezia dovrebbe essere proprio Gasparato e il sacrificato di turno potrebbe essere l’uscente Stefano Casali, avvocato che era entrato nella squadra di Verona Domani. E poi c’è anche il consigliere comunale Paolo Rossi che scalpita per un posto a Venezia. Così come punta a Venezia per Fratelli d’Italia, in quota a Ciro Maschio, il vicepresidente della Provincia David Di Michele e poi sempre tra i meloniani si faranno sentire Daniele Polato e lo storico Massimo Giorgetti per i loro uomini (o donne) da portare in Consiglio regionale. Insomma, i posti saranno più numerosi dell’altra volta vista la crescita di FdI in Veneto, però i pretendenti sono comunque tanti. E forse non è un caso che sono già partiti gli attacchi verso uno degli emergenti di Fratelli d’Italia, quel sottosegretario alla Cultura, Gian Marco Mazzi, preso di mira dalla stampa nazionale in questi giorni e che potrebbe essere uno dei nomi in corsa per il dopo-Tommasi a Verona. Fratelli coltelli?
Ma restando in Fratelli d’Italia, c’è un’altra partita che si incrocerà con la campagna elettorale regionale e sarà quella del polo per l’Ucraina da aprire al Quadrante Europa secondo il progetto voluto dal ministro Urso. Una partita nella quale entrano da protagonisti sia esponenti di Fratelli d’Italia (vedi Gelmetti da sempre vicino a Urso e Polato esperto di logistica) che ovviamente il presidente del Quadrante Europa Gasparato. Tutto si tiene.
Così come aumenteranno i posti per Forza Italia dove l’uscente Alberto Bozza punta alla riconferma ma anche il sindaco di Bosco Claudio Melotti che ha appena ricevuto in paese il ministro Tajani punta a un seggio a Venezia. Situazione complicatissima che diventa ancora più difficile in vista della battaglia politica per il rinnovo dei vertici della Fiera che avverrà nella prossima assemblea per il bilancio, dopo Vinitaly. Il sindaco Tommasi, forte del 40% di quote in Fiera potrebbe pretendere di nominare un presidente di sua fiducia. Deve fare i conti con il centrodestra che guida Regione e Governo. Cerca quindi un nome condiviso ma la sua maggioranza di centrosinistra già si preoccupa. Le ultime volte che Tommasi ha ragionato per nomi condivisi, la presidenza della Provincia è andata al civico-leghista di Nogara Flavio Pasini, la presidenza di Acque Veronesi all’altro leghista Roberto Mantovanelli. Per questo i partiti del centrosinistra chiedono a Tommasi di puntare per il vertice della Fiera su un nome riconoscibile per quest’area politica. Non facile, visto che il presidente Federico Bricolo ha buone coperture politiche, in primis l’endorsement arrivato da Fondazione Cariverona. Ma, si chiedono in molti, Bricolo è ancora un leghista appoggiato dal ministro Giorgetti o invece a forza di ospitare ministri meloniani si è accasato tra Lollobrigida, Urso e la Meloni? E Cariverona potrà alla fine andare su una rotta diversa da quella del sindaco?

MB