Un milione di copie vendute, oltre 50 edizioni, una distribuzione che copre 40 paesi: a più di due anni e mezzo di distanza dalla prima apparizione di I Leoni di Sicilia in libreria, il primo volume della “Saga dei Florio” continua a scalare le vette dei libri più popolari del momento. Era solo questione di tempo, dunque, prima che l’inchiostro del romanzo di Stefania Auci prendesse vita su schermo. Di questa impresa si è fatto carico Paolo Genovese, che dopo molti anni al timone di alcuni dei film più importanti e acclamati degli ultimi anni (uno su tutti Perfetti Sconosciuti) si è trovato per la prima volta a dirigere una miniserie. Dopo una lunga attesa, l’ adattamento televisivo di “I Leoni di Sicilia” è approdato su DISNEY+ in due parti (la prima il 25 ottobre, la seconda il 1° novembre).
Al centro della vicenda c’è la vera storia dei Florio, famiglia di umili origini che, nel giro di 60 anni e tre generazioni, è riuscita a costruire un vero e proprio impero, compiendo una vera e propria scalata sociale all’insegna del duro lavoro e della tenacia. Partiti da Bagnara Calabra nel 1799, i fratelli Paolo e Ignazio Florio si trasferiscono a Palermo per aprire un negozio di spezie. Dopo un primo periodo di difficoltà, l’emporio diviene uno dei più importanti della città, costituendo la chiave che apre la porta all’era borghese dei Florio. Gli affari vanno già bene quando a Paolo Florio subentra il figlio Vincenzo: da quel momento, l’attività commerciale della famiglia prende il volo, diventando un simbolo di floridità e speranza per quell’Italia che ancora deve venire al mondo, ma è già in piena fase di gestazione. I Leoni di Sicilia racconta la storia di questa famiglia dal 1799 al 1861, focalizzandosi su uomini forti e determinati, ma anche su donne che sanno tenergli testa e che cercano rispetto e affermazione.
Naturalmente il confronto con il romanzo sorge spontaneo, e i più affezionati alla penna di Auci si sono lanciati subito nella critica negativa della versione televisiva. A conti fatti, va ammesso che – come spesso accade – l’adattamento si discosti abbastanza dal romanzo sia in termini di trama, sia nell’anima della narrazione. Mezzi diversi, differenti linguaggi. Al netto di questa premessa e prendendo nota di alcuni difetti, alla coinvolgente miniserie di Genovese vanno riconosciuti anche dei meriti: primo su tutti, la messa in dialogo di passato e presente. C’è una modernità sconcertante nell’animo, nel coraggio e nelle relazioni della famiglia Florio, e questa sete di avanguardia emerge chiaramente dalla sceneggiatura firmata da Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo, abilissimi entrambi nel creare le basi per una riflessione sul passato del nostro Paese.
Inoltre, bisogna riconoscere che, dal punto di vista estetico, I Leoni di Sicilia è un piccolo gioiello: costumi, ambienti e fotografia ricordano quasi i vibranti colori della corrente Romantica, rispecchiando alla perfezione lo spirito del tempo. Un ultimo applauso va concesso al cast, in particolare a Michele Riondino: la sua interpretazione di Vincenzo Florio restituisce alla perfezione tutta la complessità di un personaggio in cui convivono un uomo fatto di carne, ossa ed emozioni e un leone inarrestabile, pronto a tutto per raggiungere i suoi obiettivi.
VOTO: 7.5
Martina Bazzanella