I “GIALLI” de “La Cronaca” LA TRAGEDIA DI FACCA

Una mano assassina. Ancora impunita, lo sarà per sempre. Forse, chissà, qualcuno che legge, sa. Ha visto. C’era. Ha sentito dire. Conosce. E’ una macchia nera, per la Verona di calcio. E gli anni, ne son passati 54, non attenuano la colpa.
LA PARTITA. Verona-Lecco, 2 giugno 1968. Il Verona di Garonzi e Liedholm è in corsa per la promozione in A, riuscirà a farcela, finalmente. E’ un match da vincere, ma qualcosa non funziona a dovere. Stanchezza, tensione, caldo. Il Lecco resiste, finisce 0-0, a tre giornate dalla fine, è un punto perso. Pesantissimo.
IL FATTO. La partita è finita, si va verso gli spogliatoi, all’epoca sistemati a ridosso della ringhiera che delimita il fossato, quindi, molto vicini alla gente. Mentre le squadre imboccano la scaletta, la mano assassina lancia dall’alto una bottiglia di vetro, proprio verso l’imbocco degli spogliatoi. Un bottiglione? Una bottiglia di Coca Cola? Non si saprà mai. La bottiglia, che arriva dalle gradinate (quindi da almeno 20, 25 metri) s’infrange sulla ringhiera, va in mille pezzi che diventano mille schegge mortali.
LA SCENA DEL CRIMINE. C’è un fuggi fuggi, lì per lì nessuno capisceche cosa è realmente successo. Urla, grida di dolore, c’è il panico. A terra, resta soprattutto un giocatore. Le sue grida si sentono in tutto lo stadio. Si tiene una mano sul viso, una maschera di sangue. Ha la maglia numero 2 del Lecco.
LA VITTIMA. Si chiama Vinicio Faccia, è una colonna del Lecco in cui ha giocato per 5 stagioni, di cui 3 in serie A. Una bandiera. Ha solo 29 anni. La sua carriera finisce quel maledetto giorno al Bentegodi. Facca sarà operato d’urgenza, nei giorni seguenti, ma i medici non riusciranno a salvare l’occhio destro, devastato dalle schegge di vetro. Per lui, il Verona organizzò anche un’amichevole, devolvendgli l’incasso, ma Facca fu costretto a cambiare lavoro. “Non capirò mai” disse qualche mese prima di morire, nel 2011 “come si possa essere così violenti e così vigliacchi”.
LE INDAGINI. Niente di niente, nè nell’immediato, nè nei mesi successivi. Non c’erano telecamere allora, nessuno riuscì ad avere notizie, nessuno aveva visto. Eppure, chi ha scagliato quella bottiglia vigliacca, non era solo. Aveva amici. O gente intorno, che non poteva non vedere. Eppure, tutti questi, o gli amici di questi, dovrebbero avere una coscienza che urla. Anche se sono passati 54 anni. La ferita sanguina ancora.