I dazi di Trump congelano l’Amarone Ordini congelati. I vini veneti, Prosecco compreso, restano imballati e pronti per la spedizione negli USA, ma sono fermi nelle cantine per capire se ci sarà la tassa del 200%. Zaia fiducioso

Ordini congelati. I vini veneti, dal Prosecco all’Amarone, sono imballati e pronti per la spedizione negli Stati Uniti, ma sono fermi nelle cantine in attesa di capire se ci saranno o meno gli ipotetici dazi del 200% su vini e liquori europei annunciati da Donald Trump. Gli importatori, infatti, non si fidano a mettere i container sulle navi, con il rischio che la merce arrivi a destinazione quando il prezzo delle bottiglie sarà cambiato. “L’associazione degli importatori americani ha suggerito, finché non ci sarà chiarezza sulla norma che entrerà in vigore, di non imbarcare il prodotto – conferma Lodovico Giustiniani, presidente di Confagricoltura Veneto e consigliere del Consorzio di tutela del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene docg -. Dal Prosecco al Valpolicella, passando per il Pinot Grigio, gli ordini sono fermi e grande è la preoccupazione dei produttori veneti, che è destinata a salire nei prossimi giorni, in attesa che il 2 aprile il presidente americano confermi o meno l’annuncio. A meno che la situazione non si sblocchi prima, liberandoci tutti da questo peso che grava da settimane. I tre consorzi di tutela del Prosecco hanno scritto al ministro dell’agricoltura, Francesco Lollobrigida, chiedendo un suo intervento per sbloccare la situazione. Come hanno sottolineato, se al settore vitivinicolo veneto venisse a mancare il mercato Usa il rischio sarebbe quello di una pesante contrazione del valore, con ripercussioni per tutte le aziende”. Oltre al Prosecco, che negli Stati Uniti esporta nelle tre denominazioni oltre 150 milioni di bottiglie, tremano anche i vini della Valpolicella, Amarone in testa, con un giro d’affari di 600 milioni di euro annui, di cui l’11% di export negli Usa. “Gli ordini dagli States di gennaio e febbraio pre Vinitaly sono quasi tutti fermi – conferma Piergiovanni Ferrarese, membro di giunta di Confagricoltura Verona e presidente nazionale della sezione vino dei Giovani di Confagricoltura -. Le cantine della Valpolicella hanno ricevuto il cosiddetto approntamento, cioè la richiesta di evadere ordini, e perciò abbiamo proceduto alla preparazione dei bancali e all’etichettatura. Ma gli importatori non si fidano a procedere nello scenario di incertezza sui dazi. Dazi che, al momento, si vocifera essere confermati al 200% e andrebbero a colpire soprattutto la fascia dei prodotti entry level, cioè Valpolicella Classico e Superiore, e in secondo ordine il Ripasso. L’Amarone, essendo destinato a un consumatore di fascia alta, avrà probabilmente meno ripercussioni. Il problema è che gli importatori eseguono ordini misti, componendo bancali con vini di ogni tipologia e fascia. Perciò, al momento, è tutto fermo”. Negli Stati Uniti c’è stato chi, nei mesi di novembre e dicembre, paventata la possibilità di una vittoria di Trump, ha accelerato sull’evasione degli ordini dalla Valpolicella, riempiendo i magazzini con i grandi vini rossi del territorio veronese. “C’è chi, invece, ha voluto indugiare, per capire come sarebbero andate le cose – spiega Ferrarese -. Oggi siamo arrivati al punto che il prezzo dei container è sceso di molti dollari, tornando quasi ai livelli pre pandemia. E questo renderebbe gli importatori felici di ordinare. Ma il mondo del vino sta letteralmente fermo a guardare cosa accade. In questa situazione di stallo, le cantine non possono fare molto, se non dialogare e tenersi pronti a qualsiasi evenienza. Quel che è certo è che, terminate le feste pasquali, i magazzini americani saranno vuoti. E che, cosa che non accadeva da tempo, i turisti americani sono tornati numerosi a visitare le cantine della Valpolicella nei primi mesi dell’anno. La scelgono per fare visite guidate, degustazioni in cantina e, perché no?, per portarsi a casa qualche bottiglia prima che questa venga colpita dai dazi”.

I dazi? Sono un’arma a doppio taglio. Zaia: «Farebbero molto male anche ai consumatori e agli utilizzatori americani» 

“I dazi sono un controsenso e un’arma a doppio taglio. Colpiranno sì i nostri prodotti agroalimentari e quelli di molti altri settori, ma faranno anche molto male ai consumatori e agli utilizzatori americani che, a causa di prezzi proibitivi, non potranno più acquistare, ad esempio, vini e alimenti certificati e di qualità come quelli veneti, né beneficiare di altre eccellenze italiane”. Lo sottolinea il Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, commentando la notizia secondo cui gli importatori americani avrebbero sospeso gli ordini di Prosecco in attesa di capire cosa accadrà il 2 aprile, data prevista per l’entrata in vigore dei dazi. “Chi produce Prosecco ha comprensibilmente forti preoccupazioni – aggiunge Zaia – ma questa decisione da parte degli importatori americani dimostra che anche loro rischiano di uscirne penalizzati. Negli Stati Uniti, attorno all’importazione dei nostri prodotti agroalimentari si muove un’intera filiera che porta questi beni sulle tavole dei consumatori, i quali però, in molti casi, non potranno più permetterseli. Cui prodest, a chi giova tutto questo?”, si chiede il Governatoredel Veneto. “Sono in corso interlocuzioni tra le autorità italiane e quelle americane, e sono fiducioso nei risultati che potranno scaturire da una mediazione ragionevole e dai solidi rapporti tra Italia e Stati Uniti, recentemente rinsaldati dalla Premier Meloni. Da parte del Veneto – conclude Zaia – c’è la piena volontà di continuare a coltivare con gli amici statunitensi rapporti di grande cordialità, collaborando per sviluppare relazioni commerciali ancora più strette e proficue”.

Coldiretti, appello a Trump e a Von Der Leyen

Un appello congiunto al presidente degli Stati Uniti Donald Trump e alla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen per evitare una guerra dei dazi che vedrebbe come prime vittime gli agricoltori e i consumatori europei e americani e le stesse economie rurali. E’ l’iniziativa di Coldiretti, Filiera Italia e National Farmers’ Union (Nfu) che hanno scritto una lettera ai vertici politici di Usa e Unione Europea per chiedere con urgenza la fine dell’escalation commerciale che sta colpendo in modo diretto e pesante il settore agricolo, minacciando la stabilità dei mercati, la sicurezza alimentare e la sostenibilità economica. Le due principali organizzazioni agricole, che rappresentano milioni di agricoltori su entrambe le sponde dell’Atlantico, sollecitano un cambio di rotta immediato rispetto a una situazione che sta aggravando l’instabilità economica, aumentando i costi di produzione, interrompendo le catene di approvvigionamento e riducendo l’accesso ai mercati. “In questo momento è nell’assoluto interesse sia dell’Europa sia degli Stati Uniti trovare un accordo condiviso ed evitare di cadere nelle provocazioni – sottolinea il presidente della Coldiretti Ettore Prandini -. Serve proteggere un settore strategico come l’agricoltura, che è essenziale per la sicurezza alimentare, l’ambiente e la coesione economica e sociale. Ma è importante anche considerare il danno per i consumatori europei e americani, la cui capacità di acquisto risulterebbe compromessa dall’inflazione”. “Gli agricoltori su entrambe le sponde dell’Atlantico stanno avvertendo lo stress e l’incertezza derivanti dalla minaccia dei dazi,” ha dichiarato il presidente della NFU, Rob Larew.

Export veneto in calo, sconta la crisi. L’analisi dell’Ufficio Studi Cgia di Mestre. Verona ha subito una flessione dello 0,2% 

L’introduzione dei dazi voluta dall’amministrazione Trump potrebbe penalizzare le esportazioni del Veneto in misura abbastanza contenuta. A differenza del resto del Paese, infatti, la nostra regione presenta una elevata diversificazione dei prodotti venduti nei mercati esteri. Pertanto, se dopo l’acciaio, l’alluminio e i loro derivati gli USA – e a catena altri Paesi nel mondo – decidessero di innalzare le barriere commerciali di altri beni, gli effetti negativi per il nostro sistema produttivo veneto potrebbero essere modesti, rispetto ai territori dove l’export è fortemente condizionato da pochi settori merceologici. L’analisi realizzata dall’Ufficio studi della CGIA si fonda sulla misurazione dell’indice di diversificazione di prodotto dell’export per regione; parametro che pesa il valore economico delle esportazioni dei primi 10 gruppi merceologici sul totale delle vendite all’estero. Laddove l’indice di diversificazione è basso, tanto più l’export regionale è differenziato, risultando così meno sensibile a eventuali sconvolgimenti nel commercio internazionale. Diversamente, tanto più è elevata l’incidenza del valore dei primi 10 prodotti esportati sulle vendite all’estero complessive, quel territorio risulta essere più esposto alle potenziali congiunture negative del commercio internazionale. Le regioni più a rischio sono Sardegna, Molise e Sicilia La regione che a livello nazionale presenta l’indice di diversificazione peggiore è la Sardegna (95,6 per cento), dove domina l’export dei prodotti derivanti della raffinazione del petrolio. Seguono il Molise (86,9 per cento) – caratterizzato da un peso particolarmente elevato della vendita dei prodotti chimici/materie plastiche e gomma, autoveicoli e prodotti da forno – e la Sicilia (85 per cento), che presenta una forte vocazione nella raffinazione dei prodotti petroliferi. Tra le realtà territoriali del Mezzogiorno, solo la Puglia presenta un livello di diversificazione molto alto (49,8 per cento). Un dato che la colloca al terzo posto a livello nazionale tra le regioni potenzialmente meno a rischio da un’eventuale estensione dei dazi ad altri prodotti merceologici. Le meno coinvolte parrebbero la Lombardia e il Veneto Ad eccezione della Puglia, le aree geografiche teoricamente meno in pericolo sono tutte del Nord. La Lombardia (con un indice del 43 per cento) è ipoteticamente la meno coinvolta. Seguono il Veneto (46,8), la Puglia (49,8), il Trentino Alto Adige (51,1), l’Emilia Romagna (53,9) e il Piemonte (54,8). L’export veneto è in calo Nel 2024 le nostre vendite all’estero hanno toccato gli 80,1 miliardi di euro, 1,5 miliardi in meno (-1,8 per cento) rispetto ai risultati ottenuti nel 2023. A livello nazionale la regione leader rimane la Lombardia con 163,9 miliardi di vendite all’estero. Seguono l’Emila Romagna con 83,6 e, come dicevamo, il Veneto con 80,1. Da segnalare il quarto posto raggiunto dalla Toscana che, grazie in particolare ai medicinali e alla lavorazione di gioielli e pietre preziose, con 63 miliardi ha superato il Piemonte. Regione, quest’ultima, che purtroppo sconta la grave crisi che ha colpito in tutta Europa il settore dell’automotive Nel 2024 tutte le sette province venete hanno subito una contrazione delle esportazioni. Venezia è la realtà che ha subito la flessione più pesante: -9 per cento. Seguono Belluno con il -4,9, Rovigo con il -2, Treviso con il -1,7, Vicenza il -1,1, Padova -0,4 e Verona il -0,2. La voce merceologica veneta più venduta al mondo è costituita forni, bruciatori, macchine e apparecchiare di sollevamento.