“Boom di casi” in Veneto, titolano molti quotidiani online. Sarà così anche domani sull’edizione cartacea. Il dato, comunicato in questo modo, non mente, va detto: oggi è il giorno in cui si registra l’aumento maggiore di infezioni in 24 ore. E però al momento (e crediamo anche domani) pochissimi dicono che il “boom”, 1.422 nuove positività al virus, è stato riscontrato a fronte di 26 mila tamponi e che parte dell’impennata è dovuta a un mero motivo contabile, ossia l’accumulo del numero di test eseguiti dalle Ulss veneziane. Dal 15 ottobre in avanti, infatti, i dati delle microbiologie di Venezia sono arrivati col contagocce a Venezia, disguidi legati al sistema informatico. Ma fingendo anche che oggi effettivamente siano state riscontrate 1.422 positività, significherebbe che solo il 5,47% di chi si è sottoposto al test è risultato affetto da Covid, una media inferiore a quella nazionale, che negli ultimi giorni ha oscillato tra il 6 e il 9%. Non stiamo affatto cercando di minimizzare, e chi lo fa non merita nemmeno di essere preso in considerazione. Ci limitiamo a riportare i numeri reali. Inoltre va ricordato che più del 90% dei positivi in Veneto è asintomatico. Altri dati. In Veneto le persone in isolamento sono 13.619, di cui 5.356 positivi, ossia poco più di un terzo. 357 i sintomatici Sono state registrate 14 vittime. Il numero di malati Covid nelle terapie intensive è stabile. In Veneto le persone che oggi hanno il virus sono 38.265, lo 0,77 della popolazione. E Verona come sta? In tutta la provincia gli “attualmente positivi” sono 1.866, ossia lo 0,37 dei residenti. Sempre troppi, ovviamente, ma si tratta di una percentuale quasi irrilevante. Intanto dall’Ospedale Sacro Cuore di Negrar arriva un interessante studio. L’utilizzo delle mascherine e il rispetto del distanziamento sociale ridurrebbero di ben mille volte l’esposizione al contagio, ossia la carica virale con cui si viene in contatto. Lo studio, appena pubblicato su ‘Clinical Microbiology and Infection’ e presentato in anteprima alla recente Escmid Conference on Coronavirus Disease, è stato condotto su 373 casi di Covid-19 giunti nel Pronto soccorso dell’ospedale fra il primo marzo e il 31 maggio. “Per ciascun caso è stata valutata la carica virale tramite tampone, quindi i pazienti sono stati seguiti per registrare la gravità dei sintomi e l’evoluzione della malattia – affermano Dora Buonfrate e Chiara Piubelli coordinatrici dello studio – I dati raccolti indicano chiaramente che, al diminuire della circolazione di Sars-CoV-2, grazie alle misure di contenimento della diffusione del coronavirus si è abbassata in parallelo e di ben mille volte la carica virale riscontrabile nei pazienti”. In altri termini “i casi arrivati in ospedale a maggio, quindi in un periodo di bassa esposizione al contagio, erano anche venuti a contatto con ‘dosi’ virali più basse e avevano meno Sars-CoV-2 in circolo nell’organismo, anche fino a mille volte meno rispetto ai pazienti ricoverati”.