C’è da scommettere che tra un mese in Fiera a Vinitaly dal 6 al 9 aprile ci sarà solo un tema sul tavolo di discussione e confronto: i dazi imposti dal presidente Usa Donald Trump al vino e ai prodotti alimentari italiani. Uno dei settori produttivi più trainanti del nostro territorio, il vino, già conosce problemi e difficoltà per conto suo (sovraproduzione, consumi che rallentano, global warming, concorrenza di altre bevande alcoliche e così via) rischia un contraccolpo micidiale. Secondo una stima di Unione italiana vini i dazi al 25% annunciati dall’amministrazione Trump potrebbero costare al vino italiano quasi 1 miliardo di euro in esportazioni perse. Un altro allarme arriva dalla Cia, la Confederazione italiana agricoltori secondo la quale le imposizioni minacciate da Trump rischierebbero di far saltare l’11% di tutto l’export agroalimentare italiano (69 miliardi), con un impatto economico devastante sulle eccellenze del Made in Italy, mettendo a rischio pasta, vino e olio.La preoccupazione è molto diffusa, comprensibilmente, tra i nostri produttori che hanno nel mercato americano uno dei punti di riferimento. Basti pensare che proprio nei mesi scorsi, per aiutare le imprese vitivinicole ad allargare il loro mercato, Veronafiere aveva portato il Vinitaly a Chicago, coinvolgendo importatori e distributori oltre ai produttori. E adesso? La Cronaca di Verona ha chiesto a Sandro Boscaini presidente di Masi Agricola e a Riccardo Pasqua amministratore delegato dell’omonima casa vitivinicola quali sono le previsioni, le prospettive e le contromisure allo studio. “Il mercato statunitense è il primo mercato a valore per il vino di qualità e secondo solo alla Germania per i volumi -spiega Boscaini- . È un mercato qualitativo e il vino italiano gode di ottima reputazione e ottimo posizionamento; buon mercato anche per l’Amarone dove Masi realizza una alta percentuale delle sue vendite. Altre nostre referenze ben distribuite sono: il Campofiorin, il Pinot Grigio Masianco e il Bonacosta Valpolicella Classico”.
I dazi annunciati quindi che conseguenze potrebbero avere su tutto questo? Il mercato Usa che cosa diventerebbe per il vino italiano? “I dazi, se confermati, -risponde Boscaini – avrebbero un impatto sulle esportazioni del vino italiano e ovviamente anche per Masi. Il mercato Usa per noi rappresenta all’incirca il 10% dell’export; la preoccupazione è però forte per il programma che abbiamo varato su nuove linee e prodotti inediti. Le informazioni che ci giungono dagli importatori e distributori americani interessati non sono però catastrofiche: molti si aspettano dazi percentualmente contenuti e non tali da dissestare la quota di mercato già acquisita”.
Il mercato Usa potrebbe tenere? “E’ bene considerare che i vini italiani non sono arrivati negli ultimi anni ma hanno la loro presenza tradizionale legata anche a una ristorazione italiana importante per numero di locali e per reputazione”.
Contromisure possibili? “Per quanto riguarda le contromisure, una possibilità potrebbe essere quella di intensificare la nostra presenza e il nostro impegno nel mercato per mantenere il nostro brand visibile e il consumatore ben fidelizzato. Un suggerimento però ci viene dalla situazione critica in Germania congiunta a quella prospettica negli Stati Uniti: le nostre aziende non devono dipendere da pochi mercati, ma distribuire il rischio attraverso una presenza più diffusa. Masi ad esempio, è presente in ben 140 Paesi nel mondo”.
Oltre ai dazi, il vino sta vivendo una stagione problematica anche per molti altri fattori no? Se arrivano anche le imposizioni decise da Trump siamo alla tempesta perfetta? “Un’ultima considerazione e più generale riguarda questo possibile tormentone dei dazi Usa. Sì, arrivano in un momento di tempesta quasi perfetta per il settore del vino, che soffre delle problematiche geopolitiche, degli allarmi – anche ingiustificati – per il consumo dell’alcool, delle difficoltà di molte economie e del conseguente calo di propensione al consumo unita ai problemi del global warming, delle conseguenti anomale e ricorrenti situazioni metereologiche avverse e da ultimo di una concorrenza forte da parte di altre bevande alcoliche e non”. Attesa e preoccupazione per quello che potrebbe accadere con le minacce e le decisioni dell’amministrazione Trump anche in casa Pasqua, azienda vitivinicola che esporta moltissimo negli Usa. “La minaccia dei dazi potrebbe avere molte evoluzioni, che implicano scenari complessi difficili da delineare allo stato attuale dei fatti -spiega l’ad Riccardo Pasqua -. La nostra strategia di una presenza multicanale su 71 diversi mercati ci consente una diversificazione del rischio e ci protegge in parte dalle conseguenze delle turbolenze dei mercati, come sono anche i dazi”.
C’è ancora speranza che le “sparate” di Trump restino tali? “Auspichiamo che si trovi una soluzione e che la minaccia resti inattuata grazie al lavoro diplomatico del Governo italiano e delle associazioni che rappresentano il made in Italy” conclude Pasqua. Diplomazie e ministeri degli Esteri insomma sono al lavoro.
MB